Erano parecchi anni che, dopo aver apprezzato sul web alcune opere di Antonio Ligabue, era germogliato in me il desiderio di recarmi ad un’antologica del pittore Svizzero trapiantato (…o meglio esiliato) a Guastalla (Reggio Emilia), per poter fruire del suo universo personale tramite i suoi dipinti. Caso vuole che, in questo periodo, si tenga una mostra di Ligabue nei musei eremitani di Padova, città con la quale mi sento legato da un sottile filo interiore, quindi…why not?
La trasfertina euganea mi ha anche permesso la prima uscita ufficiale con il mio nuovo amico “Luigi” ovvero il mio biciclo pieghevole che può essere caricato su qualsiasi treno o bus senza dover pagare eventuali sovrattasse. Dopo aver scelto con accuratezza il treno più lento in partenza (da quando la mia ex mi lasciò perchè ero “troppo veloce” nutro sospetti nei confronti della rapidità), dopo uno spostamento passato a conoscere interessanti e divertenti compagni di viaggio, io e Luigi siamo arrivati a destinazione e lui si è aperto come la coda di un pavone per sfrecciare verso il centro città.
Il prezzo del biglietto d’ingresso è di dieci euro (I can get now, satisfaction!!!) la location è una gemma incastonata tra Palazzo Zuckermann, la Cappella degli Scrovegni e Palazzo Zabarella (che ospita la mostra “Gauguin e gli impressionisti”), non si può chiedere di meglio anche se, in realtà, le settanta opere di Ligabue esposte mi hanno teletrasportato in una dimensione sovraumana.
Il Signor Ligabue, dopo aver passato infanzia e adolescenza degni di un film horror, fu internato in diversi manicomi tra Svizzera e Italia, prova del fatto che, da sempre, a questo mondo, è più conveniente essere disagianti che disagiati; fatto sta che lui riuscì a trasmettere la sua conclamata angoscia e ripudio verso i propri simili sulle tele imbevute di colori sgargianti che rappresentano il riscatto della serpe sul leone, autoritratti inquietanti, insetti sovradimensionati e animali, tanti tanti animali. La paura di Ligabue nei confronti degli esseri umani sfociava nel goffo tentativo di diventare un animale attraverso versi inconcepibili, la solitudine lo spingeva a vestirsi da donna per trovare in sè una compagna, anche verso il termine della sua esistenza, quando il successo gli procurò uno stile di vita agiato che egli non aveva mai avuto, non fu comunque in grado di affrancarsi dalla sua malinconica emarginazione.
Che dire…una delle più belle antologiche di questo 2018, ho le iridi che tutt’ora mescolano colori come caleidoscopi, Padova resta una città che ha molto da offrire, se poi preferite “una vita da mediano” a gridare in coro i ritornelli di un rocker di Reggio Emilia…
2 thoughts on “Testa Di Tigre”
Lucy the Wombat
Bello!! Top il biciclo pieghevole 😄
Filippo Fenara
Dici Luigi? A lui ci Tenco tantissimo!!! 😂😂😂