Tre anni tenuto fermo al palo: un po’ come costringere un gatto dentro una gabbietta per canarini e liberarlo solamente in cambio della sua incondizionata obbedienza. Non si fa. Le vicissitudini degli ultimi tre lustri che ho vissuto in compagnia di Marte nel segno (avrei dovuto capirlo prima che si trattava di quello della croce) mi hanno ricordato la fallimentare riabilitazione psicologica di “Alex” in quel di “Arancia Meccanica”. Una vera tortura, nella quale il mio spirito inadatto al compromesso è stato messo a durissima prova e mi è costato il sacrificio di viaggi, musica, scrittura, sentimenti, riposo e serenità per continuare a perseguire quelli che erano e tuttora sono i miei ideali.

“Chi cade sia contento della consapevolezza di non vivere strisciando” F. Fenara
Poi Giove scalza Marte (Luglio – Agosto 2018), comincio a sentirmi meglio, inauguro questo blog per aprirmi un varco espressivo nel muro di gomma che mi circonda, le cose piano piano migliorano fino a quando non decido che solo un piccolo spostamento o un “viaggetto” possa rappresentare l’avvenuta riconquista del mio spazio emotivo vitale. Calcolato il budget a disposizione, buono solo per una vacanza sulle spiaggie di un’isola (ecologica), considerati i sei miseri giorni di ferie a disposizione, ero molto scettico sul fatto che di lì a breve avrei realizzato un piccolo desiderio (rivelatosi poi un luccicante sogno oltre qualsiasi mia aspettativa), ovvero andare a Groningen in Olanda e riuscire a mettere piede su almeno una delle Isole Frisone delle quali avevo solo visto immagini e letto qualcosa.
Partendo dal presupposto che da giovane sono stato altre volte in Olanda, fermo subito le illazioni ed i preconcetti con una delle mie massime di anni fa, ovverosia “L’Olanda è un paese tutto fumo e niente arresto”; in realtà lo è oramai anche l’Italia, invece, come vi racconterò poi, nei Paesi Bassi le maglie sociali si sono strette parecchio, non ho avuto percezione né di repressione né di dittatura, ma solo di coesione e volontà di vivere (almeno in apparenza) secondo certi standard di ordine, disciplina, pulizia e buonsenso nella loro accezione più collettivista. Su queste considerazioni tornerò nelle prossime puntate.
Nel viaggio di andata mi sono lanciato in un esperimento eco(“logico” ma anche “nomico”) ed ho prenotato (ad un prezzo veramente esiguo) un “Bologna – Eindhoven” su uno dei fosforescenti torpedoni di Flixbus: a parte una coda di due ore per un incidente in Francia (non addebitabile alla suddetta compagnia), non posso che consigliare questa modalità di traslarsi a tutti coloro che, come me, amano gli spostamenti a “bassa velocità”,

Andamento lento
i treni regionali, le corriere dell’anteguerra, i traghetti arrugginiti, le biciclette ereditate dal nonno e, ultimo ma non ultimo, le gamberline. Il lato ecologico sovviene quando ci si pone la domanda: “ma quanto inquina un volo aereo?”. La risposta è tantissimo. Molto tantissimo, ma non se ne parla mai. La domanda successiva che la coscienza dovrebbe porgerci su di una sinapsi d’argento è “quanto ci è costato a livello di impronta ecologica l’imporsi delle compagnie aeree low cost?”. La risposta la lascio a voi, dichiarando comunque che, al ritorno, ho fruito di un volo della Ryanair con molti sensi di colpa e la promessa di diminuire gradualmente i miei spostamenti “terra – aria – terra”.
Tornando a noi: quattordici ore per raggiungere Eindhoven, durante le quali ho letto l’intero manuale “Tecniche Di Break Dance In Spazi Angusti”, conosciuto persone dai diversi destini in cerca di destinazioni, ascoltato un bel po’ di hip hop anni ’90 e dormito parecchio, per trovarmi alle 23 nel centro semideserto della città culla della “Philips” (complotto!!!) senza aver prenotato un posto letto a priori. L’istinto, l’aiuto del pubblico e un po’ di spirito di adattamento, mi hanno portato a trovare un letto in camerata in uno Youth Hostel, dalla cui insegna, dopo il mio ingresso, hanno smontato la prima parola.

Eindhoven by night
Continua nel secondo tempo.
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