Nel percorso verso Groningen, ho effettuato un cambio alla stazione di Utrecht, splendida città nella quale ho riposto tanti bei ricordi. In quella mezz’ora ho strappato dalle sgrinfie del vuoto questo dedalo di parole che desidero accompagnino l’anima di una persona a me vicina che ha deciso di confondersi con le stelle all’improvviso, questa mattina.
Utrecht
Beige che sfreccia nei finestrini,
al centro dell’affronto di due orizzonti,
che foglie riposano ai piedi della Madre
in un cielo grigio come i suoi occhi.
Perché è tanto bionda ed io sto male?
Stazioni equivalenti nel calvario del ritorno,
pensieri inficiati dal subliminale ricordo di noi
in un tetris di complicità.
Dove, cosa, ora?
Mi spaventa l’ansimante respiro della solitudine
che impregna i muri di rimpianti,
i visi di rughe saettanti
gli occhi di neve d’estate
e Utrecht del suo profumo.
Tegole obbedienti allineate
su tetti acuti e austeri
è lei azimuth dei miei pensieri;
silenziosi canali sui quali ci specchiammo
trascinarono i nostri volti
attraverso gli orizzonti divisi
dei neri litorali del nord.
© 2019 lemiecosepuntonet
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