Rassetto la mia anima dall’entropia che la mina, la mia disamina resetta l’ortodossia, s’esagera e ci s’aggira attorno alla moria di stamina, emerge solo la manina che s’agita, il mio super io vagita mentre precipita verso una fine tragica, nostalgica, lasciva ma tersa come detersa con la liscivia, ora che ovunque è il mio paese, tutto il mondo è palese, mese dopo mese, non si demorde come corde tese, falangi di morte avanzano pretese, ma sono vivo e il collettivo trincia malasorte come tronchese, orde d’infiniti me aprono porte chiuse, verità rapprese, entrano e sventrano il buio con le luci accese, i valori sono chiese, non esiste là fuori se muori in realtà sospese, nottate spese a cercare sorprese tra retoriche sottese, saranno premiate le attese sulle rive del fiume? Eiaculiamo riflessi come piume, estromessi come albume nella maionese e se le aspettative saranno disattese, omeostatici sfonderemo il muro di gomma con coraggio di donna che un figlio non abbandona ma incorona testimone di una maggioranza cialtrona, predona e fifona che conciona per delega, inflaziona e accattona per regola, homus tegola di un tetto che pericola e ostacola il mio rimirare rime scritte nel firmamento,
lasciatemi contemplare le stelle
come quando ero bambino
in questa notte malleabile di pongo
lunga come la storia del mondo.
Lasciatemi ammirare la luna
nel suo ingenuo ed ancestrale inganno
in questa notte zampillante pensieri,
è la mia vita…ed ha il sapore di una sfida.
© 2 + 0 = 2 – 0 / lemiecosepuntonet
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