Mi sento di dover fare un preambolo moralista finchè volete, ma necessario, a questa recensione: avvicinare il mondo della musica e quello delle mafie lo trovo un fregio modaiolo di cattivissimo gusto, sia quando succede con frequenza oramai abituale nel mondo dell’hip hop e della trap, peggio ancora quando lo si ostenta in una musica certamente di strada come il jazz, ma altrettanto piena d’anima e intenzioni creative che nulla hanno a che fare con le organizzazioni criminali. Fine moralone. Mentalità mafiosa vaffanculo.
I Cosa Nostra Strings, spin off dell’ensemble Jazz Mafia (…e daje!) sono un quintetto (violoncello, viola, violino, trombone e batteria/percussioni) di musicisti usciti dal conservatorio un po’ straniti e sicuramente con idee molto differenti da quelle che sono le sonorità standard delle carriere dei loro compagni di studi. Il loro freschissimo album omonimo (link alla spotiffa qui) è un crogiolo di stili, influenze, sonorità che poco hanno a che fare con la musica classica (semmai, in qualche traccia si possono sentire gli echi della musica da camera), a partire dall’iniziale bossa nova “Kill’em With Kindness” dove zompettanti archi sostengono una ritmica precisa, passando per i balcanismi di “Achille’s Heel” e per le sonorità piazzolliane del bandoneon di “The Acrobat”, nella quale è assolutamente da evidenziare la sezione ritmica in una sessione superlativa, per proseguire con l’evocativa e poetica “August”, il progressive dominato dal trombone di “Autopsy” per concludere con l’hard rock con dissonanze quasi grunge della trionfale “Emperor Lewis” che chiude l’album in bellezza. A conti fatti un bel lavoro, sicuramente eseguito con dovizia esecutiva e fuori dai canoni commerciali, risultando comunque di facile ascolto senza mai cadere nelle sconsideratezze di certa robbaccia (la doppia “b” è un rafforzativo) da classifica. Quindi promuoviamo questi delinquentacci dei Cosa Nostra Strings con la speranza che qualche tempo in regime di 41bis faccia loro intendere che con certe immagini non è cosa giocare o fregiarsene. (Filippo Fenara)