Sono cresciuto, fortunatamente, ascoltando black music e attraverso essa ho riflettuto molto sulla comunità afroamericana e sulla discriminazione razziale in genere. Secondo il mio pensiero di anarchico collettivista moderato e disposto al confronto pacifico, il nocciolo della questione non è “imparare ad accettare le diversità”, semplicemente perchè non c’è nessuna diversità se non si guarda il prossimo attraverso i filtri del pregiudizio, della discriminazione e della paura che i media manovrati dalle elites dominanti, subliminalmente, incutono sulle masse. Quale fastidio può dare un bacio tra due uomini, una donna che si copre con il velo (la pandemia di COVID in questo senso ci ha dato un’allegorica, paradossale, lezione), un ragazzo di colore che si siede di fianco a noi sul bus, un clochard che ci chiede qualche spicciolo? La risposta è nessuno, tranne i diffusissimi casi nei quali si vogliano trovare pretesti per sentirsi superiori o migliori degli altri, quando si desidera intimamente di far parte delle lobby di mascalzoni che ci “governano”, usurpandoci dei diritti umani fondamentali per scambiarli con minuscoli e superflui privilegi (lo shopping, il campionato di calcio in tv, una casa per scontare quarantene detentive, un lavoro fisso che occupa gran parte della nostra vita di uomini e donne apparentemente liberi, il ridicolo diritto di votare i nostri prossimi aguzzini) che difendiamo con i denti ma, soprattutto, con l’ignoranza. La risposta a tutto questo è viaggiare, informarsi, riflettere, coltivare il proprio senso critico, per capire che l’unica anomalia da eliminare urgentemente è l’inciviltà di questo “disumanesimo” e il narcisismo cronico che stanno devastando le menti degli individui facendo loro credere di essere avulsi da qualsiasi problema sociale ed umano.
Mentre sono sul treno, un gruppo di ragazzini di tutti i colori ridono e scherzano e, nella mia immaginazione è come se, tra un temporale ed un raggio di sole, s’innalzasse l’arcobaleno dello stare uniti contro gli oppressori.
Di seguito i versi di un poeta Siciliano, Ignazio Buttitta, che raccontano dell’omicidio di un giovane italiano, Nunzio Licari, emigrato in Germania per lavorare duramente e mantenere la propria famiglia, ucciso a calci e pugni da un estremista tedesco, come per dimostrare che il male dell’esterofobia colpì duramente anche i nostri tanti emigrati e il nonsenso sta proprio nel palesarsi goffamente oggi, dalla parte dei carnefici. (Filippo Fenara)
U Razzismu
Era unu di chiddi, e sunnu tanti,
i canuscemu di facci e di pirsuna;
ca partinu ca sorti d’emigranti
ncerca di pani e ncerca di furtuna;
e c’è cu i chiama zingari e cu i chiama
genti du Sud parenti da fami.
Era unu di chiddi du travagghiu
c’havia i manu ricchi e i vrazza sani;
e na ciuccata dintra senza scagghiu
senza muddìchi e né crusti di pani,
e la ciocca aggiuccata cu la vozza
vùncia di chiantu nni li cannarozza.
Era sicilianu e carni nostra
Nunziu Lìcari di Catinanova;
di picciriddu sucava culostra
nta scorcia di sò matri, comu ova;
di granni appi spini e appi chiova
ventu e timpesta e mai un’arba nova.
E da Germania, pi disfiziu e pena,
scrivìa littri d’amuri e di focu:
“Si manciu o bivu agghiuttu vilenu,
semu spartuti ma u me cori è ddocu.
Cca sugnu un straniu, carni senza prezzu,
sùcanu sangu e dunanu disprezzu”.
C’è cu ritorna e c’è cu non ritorna
e lassa l’ossa dintra li mineri;
cu chiudi l’occhi e chiudi li sò jorna
senza li figghi allato e la muggheri;
e c’è cu resta ddà mortu ammazzatu
di manu strania supra u nciacatàtu.
Unu di chisti fu Nunziu Lìcari,
ora a famigghia ci arrivanu l’ossa;
e i picciriddi c’aspettanu u patri
tàliano a casa e ci pari na fossa:
scrivìa littri, e ora a littra è iddu
ammazzatu nnuccenti e a sangu friddu.
di Ignazio Buttitta da “Il poeta in piazza” – Feltrinelli – Milano – 1974
Il Razzismo
Era uno di quelli, e sono tanti,
li conosciamo di faccia e di persona,
che partono con il destino d’emigrante
in cerca di pane e di fortuna;
c’è chi li chiama zingari e chi li chiama
gente del Sud parenti della fame.
Era uno di quelli del lavoro
che aveva mani ricche e braccia sane;
una covata in una casa senza becchime
senza molliche e senza croste di pane;
e la chioccia accucciata con il gozzo
gonfia di pianto nella strozza.
Era siciliano e carne nostra
Nunzio Lìcari di Catenanova;
da bambino succhiava colostro
nel guscio della madre, come uova;
da grande ebbe spine ed ebbe chiodi
vento e tempesta e mai un’alba nuova.
Dalla Germania, avvilito per la pena,
scriveva lettere d’amore e di fuoco:
“Se mangio o bevo inghiotto veleno,
siamo divisi ma il mio cuore è con voi.
Qui sono un estraneo, carne senza prezzo,
succhiano sangue e mi danno disprezzo”.
C’è chi ritorna, c’è chi non ritorna
e lascia l’ossa dentro la miniera;
c’è chi chiude gli occhi e chiude i suoi giorni
senza i figli e senza moglie vicino;
e c’è chi resta lì morto ammazzato
da una mano straniera sopra il selciato.
Uno di questi fu Nunzio Lìcari,
adesso alla famiglia arrivano le ossa;
e i bambini che aspettano il padre
guardano la casa e gli pare una fossa:
scriveva lettere, ora la lettera è lui
ammazzato innocente e a sangue freddo.
12 thoughts on “Il, Lo, La, I, Gli, Le: “Amici Per La Pelle” di Filippo Fenara”
Moonraylight
Bella riflessione. Ed anche la poesia . Touchée 👏
Filippo Fenara
Grazie Moon…
Moonraylight
Di niente figurati, è quello che penso 🙂
sibillla5 NADIA ALBERICI
completamente d’accordo con te! e poesia da pelle d’oca…oltre che bella
Filippo Fenara
…e dovrebbe aiutarci a riflettere.
sibillla5 NADIA ALBERICI
Certo… Ammesso che si voglia riflettere, perché oggi tanti sono abituati a tagliar corto e ad accettare la prima risposta di comodo..
Filippo Fenara
Il mio piccolo e modesto intento è aiutare ad invertire la corrente, sarò folle, ma adoro dissacrare quelle che sono viste come utopie per paura del cambiamento.
sibillla5 NADIA ALBERICI
Bravissimo!
sibillla5 NADIA ALBERICI
Hai ragione… Anch io nel mio piccolo non demordo
Nonna Pitilla
prima di tutto “anarchico collettivista moderato” è geniale!! e poi bellissimio articolo complimenti e anche la poesia! proprio bravo
Filippo Fenara
Mi fai arrossire…grazie!
Nonna Pitilla
🙂nooo