Questa tracciazza di KRS-One risale al 1993 e ancora fa tremare le fondamenta delle istituzioni, soprattutto per il contenuto che non le manda certo a dire alla polizia e ai metodi repressivi e violenti messi in atto nei confronti della comunità nera. Bene, se dopo 27 anni le cose non sono ancora cambiate, il 55enne KRS-One scende di nuovo in strada con il movimento Black Lives Matter ed un album di hardcore hip hop, “Between Da Protests” (“Tra Le Proteste”) che sconquassa le menti rintronate dei maggiordomi obbedienti. Pur avendo avuto una vita di successi discografici che gli avrebbero permesso di “scavalcare la staccionata” e sedersi su una comoda poltrona, KRS-One ha preferito tenere conferenze nelle università, impegnarsi socialmente e continuare ad alimentare l’assopito mercato musicale con uscite discografiche da urlo. Nato a Brooklyn nel 1965, a 16 anni scappò di casa per rifugiarsi nel Bronx ed iniziare una lunga vita di strada, vedendo uccidere in una sparatoria tra gangs rivali del Queens il proprio “socio” nei BDP, DJ Scott La Rock, riuscendo ad evitare droghe e armi, venendone fuori solo con il suo talento, dapprima come writer, poi come rapper che MTV ha considerato come uno dei migliori 6 di sempre. Lui non ha tradito le sue radici e per me questo è essere uomini (o donne) con le palle grosse come meteoriti. Fatto questo doveroso preambolo, “Between Da Protests” è un gran disco per gli amanti dell’hip hop no frills e denota una certa originalità nei tappeti commissionati a diversi produttori statunitensi sotto la supervisione del nostro eroe. Cacciamo sulla ruota d’acciao un pezzo minimale che mi fa ribollire il sangue “Tight” e muoviamoci assieme al corteo…
Staffilata al sette. Ora v’inoltro nell’apparato auricolare un’altra bomba del disco intitolata “Medu Neter” con la featura di Sun One, qui viene fuori il talento del liricista newyorkese, che si esibisce in decori di sfarzose rime, overbeats, in un tripudio dato da una civica base dall’atmosfera sinistra e notturna.
Più veloce della luce, più incisivo di un miracle blade, questo album è stilisticamente una perla, se poi avete voglia di carpirne i contenuti non sarà che un bene per chi vuole farsi un’idea di quello che significhi contribuire alla difesa dei diritti di una comunità intera. L’unica associazione in Italia che ricorda quella afroamericana è la mafia e mi sembra di aver già detto abbastanza.