È da un po’ di anni che tutti non fanno altro che circondarsi e cadere fatalmente innamorati di cani, gatti e altri esseri viventi che portano la magia della natura all’interno delle nostre vite aiutandoci più di tante altre sovrastrutture mediche, farmacologiche o maldestramente socializzanti. Mi ricordo di un vecchio amico che, secondo i dettami della sua religione, mi spingeva a vedere la natura come un continuo insegnamento, un’indicazione chiara di quale sia la via, senza dover scendere in elucubrazioni filosofiche onanistiche. Molti, pur “possedendo” un cane o un gatto, sembrano non aver capito la lezione, continuando a palesare fotografie sui social dei pets strumentalizzandoli come intermediatori sociali, senza i quali la solitudine più profonda e malinconica non avrebbe alternative. Invece Claudio Picchedda è sicuramente (anche se in realtà non l’ho mai potuto conoscere di persona) uno di quei pochi che ha fatto suoi gli insegnamenti dell’universo, lo si sente attraverso la candida innocenza delle sue poesie, la necessaria semplicità che fa in modo che dei suoi sentimenti possa fruire chiunque, i suoi modi sempre attenti e gentili nei confronti del prossimo, la sensibilità con la quale approccia qualsiasi tematica. Visto come stanno le cose e considerato che la poesia che state per leggere non fa riferimenti di genere, abbraccio forte Claudio, perchè ho capito senza dubbi che SA essere umano. (Filippo Fenara)