Ho ricalcato su LeMieCose solamente una carta carbone del talentuoso Giancarlo Tomas aka @apollodelgaudio, “Le Mani“, ma in questi mesi ho continuato a seguirne le traiettorie letterarie attraverso i racconti che miscelano sapientemente psiche ed anima in narrazioni sempre scorrevoli e originali, con un tocco di sottile psichedilica astrazione del contenuto che mi pare essere un po’ il marchio di fabbrica dell’autore. Blogtales di classe che lasciano indelebili segni nell’immaginario. Seguitelo su Instagram e Facebook, oltre ovviamente a starmi in luce. (Filippo Fenara)
LIBERAMI
Quella mattina mi svegliò briosa, con il cappotto sopra il babydoll. Le chiesi dove fosse andata vestita così. Rispose che bisognava sbrigarsi e il caffè, quando l’avrei preparato?
Mentre sceglievo la cravatta, ricordai i nostri primi incontri e quanto immediata fosse stata la percezione del suo demone che, col tempo, avevo perso di vista. Ricordai le volte in cui era stata a dormire in quella casa che condividevo con i miei amici e al mattino girava mezza nuda, una nuvola nel deserto. Non era mai stata cosciente della sua bellezza. Di sé conosceva appena la cascata entropica che irraggiava ovunque e che si attaccava negli angoli più remoti, come la semina dei coriandoli.
Quando uscimmo, mi passò ridendo le chiavi dell’auto. Dalla portiera, una valanga di palloncini si riversò per strada. Dai suoi tacchi si chinò a prenderne alcuni e, con una forcina, li scoppiò. Mi gettò le braccia al collo e disse: Mi ami? Fu allora che, dai suoi iridi azzurri, vidi riemergere nitido il demone.
Alla presentazione del nuovo libro c’era una folla inattesa. Quella volta aveva voluto esagerare. Mentre autografavo alcune copie, la intravidi parlottare con degli estranei e capii dolorosamente che non avrei potuto tenerla oltre.
Anni dopo, alla porta del mio rifugio, trovai il marito. Non lo riconobbi fin quando non mi disse il nome, così mutato nel fascino e con una soffocante tristezza sugli zigomi. Lo feci entrare e gli offrii del caffè appena preparato. Osservò la sala vuota. Gli dissi che stavo per uscire e che avrebbe potuto accompagnarmi. Lui estrasse dalla giacca una lettera e la fece scorrere sul tavolo, cavo per le termiti. Aprii la busta e sul foglio lessi: Liberami!
Feci un passo indietro, per restare in me. Guardai il marito per un attimo infinito. Andai in camera e rovistai in un baule. Uscii. Da solo.
Presi il sentiero per il campo di grano, dove avevamo fatto l’amore chissà quante volte. Da lontano vidi una sua spalla sporgere da un albero. Non mi ero mai illuso che sarebbe stato facile. Mi avvicinai. Avrei voluto che si accorgesse appena di me. Ma aveva il volto verso le spighe, pronte ormai per la mietitura.