Dino Veniti, quando non scrive poesie leggiadre e aggraziate, lancia attacchi al vetriolo verso il sistema, il mondo politico, il giornalismo fatto con accessi spuri e distorti, i controsensi ridanciani dell’attuale vivere, il capitalismo brillantemente agonizzante, le falsità di default. Sì, perchè Dino Veniti non le manda certo a dire, si esprime con democratica libertà sfogando catarticamente le proprie bocche di fuoco sulle sovrastrutture fittizie della società. In quest’articolo che state per leggere sferra un maglio critico sui life coaches e sulla loro impostazione scoordinata a prescindere. Sapete che vi dico? Io sto con Dino Veniti. Statemi in luce. (Filippo Fenara)
LA PANDEMIA DEI LIFE COACH
È un’epoca meravigliosa: siamo ovunque circondati da coach, motivatori, imprenditori di lor stessi, gente svezzata forse qualche giorno fa, fuor di metafora, che ci insegna la vita, ci invita ad avere il giusto ”mindset”, ad andare “all in”, a mordere la vita, il tutto nel nome del successo, il valore supremo dell’attuale società liquida, che fa leva sulla nostra ossessione rispetto all’altrui giudizio. Devo dire che abbiamo un’innata capacità nel prelevare e assorbire il peggio d’oltreoceano: Grande Fratello, fast food da cirrosi epatica, caffè annacquato e, non ultimo, questi spocchiosi galletti egocentrici con la bocca che gli puzza ancora di latte che vogliono insegnarti come si sta al mondo.
Sapete cosa accadrebbe se non ci fossero più lavoratori dipendenti, se fossimo tutti imprenditori? Bene, la gran parte di noi diventerà una miserabile partita IVA, sfruttata da veri squali che ci tratteranno sempre alla stregua di dipendenti, leggasi schiavi, con il vantaggio di non pagarci contributi, ferie, malattia e TFR. Ma non importa, saremo finalmente degli imprenditori, potremo dire in giro di essere CEO presso la ditta individuale Pincocazzo, presso noi stessi, santi numi, con un fatturato se Dio vuole di ventimila euro lordi all’anno, rigorosamente e sfigatamente in regime forfettario.
Ora, vorrei fare un appello agli strizzacervelli, gente che naturalmente non stimo, come non stimo quel pervertito di Sigmund Freud, che vedeva gente che voleva trombarsi sua madre ovunque, pontificando ipocritamente mentre succhiava con voluttà freudiana il suo sigarone marrone, come del resto non stimo medici, avvocati, architetti, professori e soprattutto ingegneri, ma quanto meno costoro possono vantare una laurea, un esame di stato e, in certi casi, una scuola di specializzazione. Vorrei chiedere, dicevo, a psicologi di vario tipo, se i discutibili personaggi di cui sopra siano dal vostro punto di vista innanzitutto dei vostri pazienti mancati e, seconda cosa, se siano passabili di abuso della professione, invitando caldamente, nel caso, a riempir loro il culo di querele. In contemporanea, provvederò a inviare una proposta di legge al governo entrante che inasprisca la pena nei confronti di costoro in modo che siano obbligati ad accedere a un albo professionale e un regime fiscale dedicato, in cui sia previsto un contributo previdenziale alla cassa di appartenenza pari al settanta percento che consenta loro di avere una pensione pari sessantadue euro al mese lordi e, sul restante reddito imponibile, venga applicata una tassazione secca pari all’ottanta percento.
Meno “life coach”,
più Papa Roach!