Il titolo “graffio” l’ho scelto io, sulla base di una personale valutazione estetica: se guardate da lontano la poesia di LeeLoo, vi accorgerete che non ci sono versi lunghi anzi, la narrazione risulta essere spezzettata in parole lottizzate in capoversi continui, come a formare una perpendicolare espositiva. Un graffio sull’anima. Uno sfregio subito dalla poetessa di sede a Londra del quale, per orgoglio e dignità, sembra evitare di mostrarne le conseguenze interiori. Che ci sono, e si sentono sottotraccia. Una delusione, un tradimento, un sopruso, verso il quale LeeLoo vuole mostrarsi imperturbabile e irriverentemente non ferita – “porgo la gota rigata” – ma che, probabilmente, è arrivato inaspettato e, con il cuore ipertrofico per il quale conosciamo l’artista, brucia sotto quel velo di “asettica” caduta. Mi ricorda il titolo del libro di Oriana Fallaci “La Rabbia e L’orgoglio” dove i due sentimenti si confrontano alacremente sotto il glaciale pack del polo poetico dell’elegia senza riemergere prima di essersi stemperati nel tempo e nella mitigazione del focoso e passionale animo di LeeLoo. Di questa traccia mi scalda la preponderante sentimentalità dell’autrice nascosta dietro un dito ben costruito di matura diplomazia e ricerca del riallaccio e della risoluzione del conflitto. Lo ammetto: quello che mi ha sempre ispirato di questa scrittrice è la capacita di trasformare il lume di una candela in un pirotecnico erudere di lapilli interiori dei quali, anche se celati, ne ravviso il magmatico ardere. (Filippo Fenara)
GRAFFIO
In caduta
asettica,
soffio
spiragli
in dissonanza
sulle note
dell’essere.
Allacciata
la corda
del tempo
porgo
la gota
rigata,
graffio
e piega,
segno
del mio
vivere.