La #glottopoesia è un gioco letterario ideato dalla brava poetessa Veronica Phoenyx Annunziata aka @phoenisia nella quale invitava vari autori di Instagram a comporre una poesia (ovviamente sensata) utilizzando termini “difficili”, usati raramente, oppure, addirittura, in completo disuso. Dopo la pubblicazione della #glottopoesia dallo sfondo naturalistico di Claudio Picchedda aka @cpbacco di ieri, “Iceberg“, questa sera (…è già passato un anno, come vola il tempo!) ho la gioia di riabbracciare con premura il mondo onirico isoscele (intendo fatto di geometriche diversità d’angolazione) di Luna, con questa sua “Quello Che Conviene”. Avete presente quando si scorre un’infinita timeline poi, ad un tratto, ci si ferma e si dice “aspetta, aspetta…”: ecco, con questa #glottopoesia di @anima__inversi_ mi è successo proprio così, il mio subconscio mi ha suggerito giusto, soffermandosi qualche micron sui versi ispirati di questa composizione. La selva dialettica è lussureggiante, il ritmo è lento ma elegante, il contenuto sprizza sfacciata sincerità e femminilità a strascico. Vi lascio alla lettura di questa bomboniera d’inaudita aulicità ricordandovi, ai fini statistici, che tra le #glottopoesie ne ho scelte due da ribloggare che utilizzano la parola “balaustrata”. Mah…roba da complottisti!!! (Filippo Fenara)
A breve distanza dalla carta carbone della sua introspettiva “Mosaici” torno a scrivere di Luna: nelle tre precedenti e soggettivamente opinabili mie recensioni che riguardano i suoi lavori, abbiamo visto la scrittrice guardarsi, ispezionarsi, scannerizzarsi, spesso in maniera anche severa, quasi cinica nel nergarsi il perdono. Ho colto l’occasione di questa “Colline” perchè, a differenza dalle altre composizioni, Luna estroverte il suo sguardo verso un tramonto dietro le colline e ne colora gli spazi con un’impeccabile facciata di immagini immanenti, parole lussureggianti e aggettivi che ne attenuano le tonalità, ma. Ma anche in questo solitamente languido tramonto troviamo un contenuto gelidamente sprezzante della poetessa in alcuni versi come “tra fatiscenza e coraggio”, “dilaniare il contrasto” e “Su dorsi di rame sarò spietata”. La personalità di Luna si diluisce nella descrizione dell’arcobaleno come un filtro in bianco e nero, la sua interiorità non può fare a meno di traspondersi anche in immagini retoricamente e comunemente dalla valenza positiva e romantica, trasformandole in uno scontro con i dilemmi del suo essere. È una bella poesia, al di là del competente utilizzo di termini originali e ridondanti, è bella perchè permette al lettore di sfogliare la complessità di una persona che persevera nel sollevare dubbi, forse l’unica – anche se faticosa – strada per evolversi. (Filippo Fenara)
Bentornata timida Luna. Che detta così sembra il titolo di uno swing degli anni ’50 di Nicola Arigliano. Dopo le apprezzate carte carbone di “Essermi” e “Estranea a Me Stessa“, continua l’introspezione dettagliata di questa giovane autrice che, in questa “Mosaici” ostenta distacco verso sè stessa per celare la pungente preoccupazione di non essere stata all’altezza di ciò che si era ripromessa, dipingendo un fermo immagine della sua anima sensibile, in quel preciso momento di tentennamento. Io obbietto. Obbietto con ferma convinzione che una persona capace di partorire versi illuminati ed illuminanti come “spezzare il declino”, “illudere la curva, tirandola…”, “mi scindo in ammassi di me” e, soprattutto “mosaici di cui nessuno osa il tutto” non sia stata all’altezza delle proprie aspettative: il percorso labirintico in cui rimane intrappolata la logica di Luna in questo autoscatto in bianco e nero è costituito dallo sgorgare immagini astratte dalla sua infinita anima e rileggersi secondo gli schemi di pensiero della mente che, per loro natura, hanno dei limiti ben precisi. Quindi quei soavemente timidi versi finali “Volevo solo sorgere in vicoli nuovi / mosaici di cui nessuno osa il tutto” sono l’esatta cronaca di ciò che invece sta effettivamente succedendo in contemporanea: Luna, scrivendo, calca i “vicoli nuovi” della sua interiorità sconfinata, ed è “infinitesimo infinito” (Cit. Lyth Karu) che si fonde in un tutto quantico, perchè la poesia è un’interpretazione del tutto, perchè l’arte, come minimo, è tutto. Concludo trovando la definizione di “psicoflusso” per lo stile singolare di questa autrice avanguardista e m’accoccolo sul divano ad ascoltare “Blue Moon” del buon Nicola Arigliano. (Filippo Fenara)
Dopo aver cartacarbonato con un ottimo successo di visualizzazioni, likes e commenti la sua geometrica “Estranea a Me Stessa” ritorno a scrivere di Luna aka @anima__inversi_ per questa sua ultima traccia dal titolo “Essermi”, un componimento sempre dettato da una fine e tagliente introspezione, ammantato dal gelido candore della neve che, allo stesso tempo, è simbolo d’infecondità ma anche di protezione del fiore che, in una ciclicamente inevitabile, futura primavera, avrà modo di dischiudersi e riprodursi. Questa poesia ha un forte valore semiotico nello “stelo” precedentemente “spezzato” ma la chiusa s’accende in un barlume di significante di speranza nella sonorità dei versi come “che sai essermi appiglio nel vento” e “fiore strappato all’inverno”. Luna è una scrittrice ermetica, sospesa nel punto interrogativo del sè, dal grande talento di trasporre le sue emozioni con metafore filosofiche, in questo caso, pregne di dolore e dolcezza avvinghiati in un leggero balletto di parole. (Filippo Fenara)