Un veloce commento su Luna: oltre al suo spin off onirico vi assicuro che il tronco è una persona tetragona e molto intelligente. Insomma, la tipica donna che mi scarta a priori. Evabbè. Statemi in luce. (Filippo Fenara)
Un veloce commento su Luna: oltre al suo spin off onirico vi assicuro che il tronco è una persona tetragona e molto intelligente. Insomma, la tipica donna che mi scarta a priori. Evabbè. Statemi in luce. (Filippo Fenara)
E io che mi credevo isolato fuori. A farmi compagnia c’è l’ispirata @monkeypayn che sloga versi bonobici come se non ci fosse un oggi, che si fa beffa del rendersi conto offrendo una sua personale interpretazione dell’attualità, attraverso le sue iperlenti creative. C’è del buono. Statemi in luce. (Filippo Fenara)
Feci una carta carbone parecchio tempo fa di Carlo Molinari. Il suo attutito impatto nei confronti del lettore mi ha sempre affascinato, ricorda un fiocco di neve che, imperituro, s’appoggia sulle nostre anime. Ora ve lo ripropongo con lo stesso gentile approccio in questa “Essere Silenzio” per levigare le asperità del risveglio di un lunedì mattina e per rassodare una collaborazione con questo navigato ed affermato poeta dai modi galanti. Buona giornata e statemi in luce. (Filippo Fenara)
Oltre. Non so bene esternare cos’è, ma sicuramente è oltre. C’è qualcosa di misteriosamente magnetico che arde oltre le poesie di @phoenisia, ogni sua pubblicazione mi lascia come frastornato, spaesato, attonito: non ho ancora capito se sia la sua femminile sfrontatezza, il suo affrontare qualsiasi contenuto con piglio amazzone, la sua granitica ingegneria dialettica, il suo viaggiare nello spazio temporale che intercorre tra una gomma masticata e la mitologia occulta di Ecate, la sua identità ben delineata ed allo stesso tempo aleatoria, sfuggente. Sta di fatto che ho “battezzato” questo proiettile verbale “Il Mio Quid”, non tanto per la valenza letteraria ma in quanto ritrae quella quantità e/o qualità indefinita della sua persona. Lanciatevi da questo ponte aulico, vi assicuro che non vi farete male. Statemi in luce. (Filippo Fenara)
Mi sono franate addosso
decadi temporali ed un
minuto si è allungato
in un’ora]
D’organza crespa e
incolore è il mio quid
dagli orli malridotti ma
tu dì il mio nome e
non mi vacillerà mai più
il cuore nel porgere
i miei omaggi ad Ecate
nel suo chiostro spettrale]
Come la mia casa
degli specchi-
ingentiliscine gli anditi
ribattezzami come
più ti pare e piace
gemma di Mirto
oppure stella marina
non più schiava di maree
pronunciami nella lingua
dei mortali a te più consona
e non sarò mai più
terrificata dalla vacuità,
che sa solo inaridire
ma adesso che non sei
dove dovresti essere
ad un soffio di caldo fiato
Sul mio collo-
mi rimane comunque
marchiato sulla fronte:
un forse
Ho sempre ripubblicato i racconti radicati negli anni ’80 di Albert, ma uno scrittore in possesso del binomio di genuinità e tecnica come lo è lui, è in grado di emozionare scrivendo poesie, pensieri, aforismi, narrativa ed anche articoli: questo autore è mago nel rievocare il passato, nel coprire dolcemente le spalle della nostalgia – nell’accezione positiva del termine – con manti di parole di una semplicità disarmante, sensazioni che si propagano nel corpo lasciando una sensazione di calma, riflessione e languore. Oltre all’abbraccio della poesia che segue, vi invito a leggere anche l’ultimo racconto eighties di Albert, “Erika La Yuppie”, cliccando QUI. Leggere non ha senso se non ce l’ha chi scrive. Ma non è proprio questo il caso. Statemi in luce. (Filippo Fenara)
Tenue colore di un tramonto,
orizzonte fresco il sole muore
cerco un ricordo dietro dune di sabbia
che celano immagini di amori caldi
baci di salsedine.
Buio freddo nel cuore
vecchie foto di mani intrecciate
seduti su un molo
piedi nudi che accarezzano le onde
in questa spiaggia che ci ha visti assieme
son tornato e sento freddo
Una visione d’agosto
i tuoi capelli tra le mie mani
ed ora freddo e silenzio
di feste finite e tormentoni passati,
senza avere il senso dell’età,
del gioco, del desiderio
del ritorno.
Lungi da me il voler danneggiare la privacy di Ilaria, ma alcune precisazioni, prima di leggere questo suo componimento dal gusto genuinamente civico, vanno fatte: l’autrice, di origini emiliane, ora vive a Parigi, la stupenda città dalla quale trae l’ambientazione il testo ed Elies è il nome di un ragazzo che ha impressionato – senza che ci fossero coinvolgimenti sentimentali – la pellicola mnemonica di Ilaria, la quale a sua volta l’ha tradotta in evocativi versi sinestetici. I sensi vengono infatti travolti in toto dall’incedere sinusoide della narrazione, è un chiaro, singolare e futuristico esempio di “poesia aumentata”. A breve respirerete “il profumo del vento” di Parigi, allacciate le cinture e statemi in luce. (Filippo Fenara)
Ecco come ci si guadagna il rispetto. Come ho scritto qualche giorno fa in un aforisma, “L’importante non è provarci, ma essersi” e Biagina Danieli si è sempre al 200%, quasi a sbeffeggiare tutti coloro che ci provano con tentativi poetici grotteschi camuffati da bellezza ma farciti di inadeguatezza e scarsa coordinazione aulica. “Spuria” è un asso di briscola pigliatutto che lascia gli altri partecipanti del “gioco dei likes” a bocca chiusa con la coda tra le gambe. Ecco come ci si guadagna il rispetto. Statemi in luce. Come Biagina Danieli.
figlia di un proletario.
io ho studiato.
e canto come il grasso d’olio
sulle mani corrose dal ferro,
nelle catene di montaggio.
Parole grezze, le mie,
sintetiche come diamanti falsi
che rovinano la purezza
delle metriche classiche e della Poesia
sono parodia.
Le rivendico e non mendico
effimeri piaceri
di un dire che non m’appartiene.
La vita è sporca e va rimata spuria.
Seguire il profilo Instagram di Francesco Minichini aka @jodelaki è come trovare un’inesauribile vena aurea: tant’è che ho avuto un forte imbarazzo nella scelta della poesia da sottoporre alla lente delle carte carbone, considerato che il valore di esse, a parte un tecnica sopraffina, consiste in una capacità di comunicazione istantanea, immagini come diapositive che scorrono nella mente durante il corso della lettura; per fare una metafora, Francesco Minichini sta alla poesia classica come il free jazz sta allo spartito. In questa “E Se Ci Penso Bene” (titolo scelto da me NDR) si segue il suo pensiero apparentemente pindarico e frammentato per raccontare una storia d’amore sfumata, che diventa congrua e lineare solo al termine della poesia. Un altro eccellente volo per la penna alata di @jodelaki. Statemi in luce. (Filippo Fenara)
Un brevissimo proemio per sottolineare il superlativo contributo di PMR alla lodevole iniziativa collettiva Instagram “Limiti Umani” alla quale hanno partecipato anche @cataldi_luisa @essereneiversi @inosservatapasso @merenernellanotte (del quale ripubblicherò il relativo scritto questa sera alle 21) @pensieripassati @vanskywriter e @beppecampo. Statemi in luce. (Filippo Fenara)
Essere umiliati e dimostrarsi umili è molto differente: la prima condizione è ovviamente estremamente negativa, la seconda è quella in cui mi sono sentito io davanti a questi versi spontanei ed ispirati di Elisa Falciori. Come già scritto più volte, non sono e non anelo ad essere un critico letterario, sono esclusivamente una persona che ha deciso di mettere a nudo la propria sensibilità per assorbire emozioni, come in questo caso, per poi diffonderle il più possibile nell’utopico tentativo di asservirmi ad un futuro di coesione tra gli esseri umani, di sintonia con la natura, di empatia verso il creato. L’unica cosa che posso esprimere su questa immensa poesia è gratitudine verso la sempre gentile autrice e il solo gesto che mi sento di fare è di lasciarvi di seguito un brano jazz che, ad istinto, ho collegato a queste zampillanti parole: prima di leggere vi consiglio di far partire l’audio. Statemi in luce. (Filippo Fenara)
Gennaio mi accompagna
in questa rinascita dall’alto
il vento fra i capelli grigi
ha il brusio dell’acqua.
I morti camminano nel mio sangue
inspessito dalle maledizioni
il passato diluito in parole
è metallo scolpito a fuoco
che incrosta tenaci segreti.
I ricordi si fanno buoni
senza respiri forti.
Tra i sempre verdi, un nido, nascosto
come dentro me l’ansia tenace
che dissimulo agli altri.
Uno scoiattolo fugge veloce al letargo.
La mia l’ombra cade rassicurante inesistente,
confusa tra i sassi.
Un buongiorno flambato a tutti…oggi si comincia con l’incandescente tenore poetico della brava autrice LeeLoo che, pur mostrando una volubile (ma sarebbe meglio utilizzare il termine “evolvente”) versatilità metrica e stilistica, sfoggia la sua peculiarità caratterizzante nel saper cogliere i cuori dei lettori senza strapparne lo stelo, ma disinterrandone dolcemente le radici e trapiantandole nel terreno fertile del suo mareggiante incedere lirico. Ho letto e riletto questa toccante traccia priva di inutili orpelli e anestesie date da vocaboli troppo complessi, poi ho deciso di lasciare a voi l’interpretazione dei versi liquidi di LeeLoo che si conquisteranno, onda dopo onda, l’arenile delle vostre palpebre, accompagnandovi lungo una struggente commozione. (Filippo Fenara)
Mi promisi
di non scriverti.
Sai,
oggi
è eco
del passato,
flebile respiro
del domani.
Non sorrido
per non
somigliarti,
eppure
inciampo
nei buffi
ricordi.
Mani
senza una
stretta
e profumo
assente.
Chino
il capo,
cade
la goccia
di una
nota
mai
suonata.
E così,
sorrido
per
lenire
le ferite
mie,
per
scandirle
sulle armonie.
Insensato
è credere,
come possibile
sia,
che la tua
presenza
scivolò
via.
Lo
chiedo al
mio calice,
e lui
mi riflette
solo
la tua
immagine.
La sensibile e divinatoria anima artistica di Marianna Bindi, dopo la nostra sperimentale collaborazione improvvisata in chat “Kryptonite“, ci racconta dell’indissolubile legame tra gli esseri umani e madre natura, concatenazione liberatoria dimenticata ed avvilita dal progresso che ha avuto lo scevro potere di recidere i recettori ancestrali presenti in ognuno di noi, proiettandoci in una grottesca emancipazione di massa più simile ad una traballante torre di Babele che al dolce arrendersi alle regole del creato. Con la sua falcata metrica diradata ma densa di simbolicità interiori, Marianna Bindi si sacrifica a tramite tra la trasfigurazione dell’uomo moderno e il nutrimento delle sue stesse radici, regalandoci attimi di connessione empatica con l’universo sancito dalle sue parole. (Filippo Fenara)
Spiega scientificamente
ogni piega, anche l’emozione
della pelle spiega.
La bellezza dopo il pianto
del suo viso grigio contratto
che riprende forma e colore.
Era ombra riflessa
sul muro di cinta,
passo torbido
di ricognizione.
Era solitudine guerriera
che non vuol semine di dolore
ma soltanto liberarsi di sé.
La dimensione che trovo più appropriata per Elisa Giusto aka Riemersa è la natura. Quando le sue composizioni si affrancano dalla disciplina rigida dell’incedere in rima è come se lasciasse cadere l’armatura lessicale che ne protegge l’anima sensibile e visionaria. Allora prendono senso anche termini desueti come “scaturigine”, ovvero si svela l’origine e il principio del suo etereo scrivere, della sua anima selvatica nel senso più anarchico ed inoffensivo del termine, della sua missione di gaudio aulico e comunicazione efficace. Quando si ribella, anche solo per un istante, dal “doveroso” presenzialismo sociale, riesce a forgiare eternità in versi, si mette a nudo in contesti distorti dove la stessa nudità è vista come un tallone d’Achille, Elisa chiude gli occhi ed esprime con genuinità, ciò che a lei riesce meglio installandosi nel vero senza possibilità d’essere rimossa. “Spontanea” è, secondo il mio parere, un suo riuscitissimo anthem, una dichiarazione d’intenti che non lascia spazio a repliche da parte di esseri viventi che sono vittime di eventi, in balia dei venti. (Filippo Fenara)
Non mi posso prendere nessun merito per la benevolente accoglienza riservata dai lettori di Le Mie Cose al connubio d’immagine e pensiero espresso nella precedente “Briciole” di Raffaella Lazzarato, se non il fatto di aver provato, scrutandone il profilo, un inspiegabile impulso interiore e una vocina dietro il petto che mi diceva “Filippo sì, carta carbone!”. Questa “Mi Nutri” fuga da me qualsiasi dubbio residuo, oltre all’eccezionale fotografia di copertina (anch’essa figlia dell’estro dell’autrice), leggendo si può accertare l’autentica saguineità dei versi che cavalcano le onde di un sentimento contraddittorio per quanto possibile, per non dire frequente, nei rapporti d’amore, una narrazione focosa, coinvolgente, fatta di frammenti di colore che compongono un dipinto indelebile di un intangibile riflesso di sè nel baratro della sofferenza. Questa collaborazione mi rende sempre più orgoglioso delle carte carbone e degli autori e autrici dei quali diffondo il verbo, tra i quali Raffaella Lazzarato spicca per fiammeggiante sensibilità. So di essere noioso ma la finalità è quella di invitarvi a seguire questa scrittrice e fotografa attraverso i links che vi lascio in calce alla poesia, con il solito, incoraggiante, “ne vale la pena!”. (Filippo Fenara)
Odio le attese.
I momenti in cui fisso il telefono.
E il modo in cui mi sento quando squilla.
E il modo in cui mi sento quando non squilla.
E odio le promesse.
Quei “certo”
“sicuramente”
“lo farò”
che nascondono l’ennesimo modo
di rimandare a domani
una fine che sappiamo entrambi
arriverà.
E odio te.
Per essere rientrato nella mia vita
dalla porta principale.
Avermi spettinato.
E odio me.
Per averti lasciato aperta quella porta.
Averti fatto entrare.
Odio me.
E odio te.
E di quest’odio mi nutro.
Mi nutri.
E non riesco più a farne a meno.
Come al termine di un corteo letterario di protesta in cui si è manifestato contro pregiudizi ed intolleranze, in particolar modo quelle di genere, sono orgoglioso di presentare uno scritto stupendo – inerente al tema trattato – dell’amico ed autore illuminato Tonino Chirumbolo aka Lucio Hassan Siro, intitolato “Diversamente” e pubblicato sulla sua pagina Facebook “Euforismi di Lucio Hassan Siro” alla metà dell’anno passato. Mi sembra il miglior modo per creare ancora più coesione, empatia e solidarietà e rappresenta un piccolo gesto per dimostrare che anche il buonsenso è contagioso e rappresenta terreno fertile per una rinascita collettiva che sono certo accadrà. Mi preme ringraziare per questa lodevole iniziativa, oltre a Tonino Chirumbolo (del quale lascio in calce i links), l’ideatrice, promotrice e “kamikaze aulica” @ipensierinparole, la stella iridescente @inosservatapasso, il lucido e perentorio @merenernellanotte, il sintetico e geniale @essereneiversi e la dolce e sensibile @cataldi_luisa. Questo è solo l’inizio!!! (Filippo Fenara)
Uhm…
DIVERSA MENTE…
“…DIVERSO DA CHI???
Da chi vuole imporre
la sua presunzione
di essere in grado,
in qualunque occasione,
di dare un giudizio
sul bene e sul male,
e dir che è diverso
quell’uomo a lui uguale…
…DIVERSO DA COSA???
Da quello che è, ormai,
più di un luogo comune,
che ti cuce addosso
l’infame costume:
l’amor, quello giusto,
da un dio predicato,
è tale soltanto
se un prete ha approvato…
…DIVERSO DA COME???
Da come, da sempre,
ci viene insegnato:
senno’ è quasi un reato…
Ma quello che è peggio,
manco fossi appestato,
è il veder, della gente,
lo sguardo schifato…
…DIVERSO DA QUANDO???
Da un tempo feroce
che non sento mio,
scandito dal ritmo
di un sordo vocìo;
da luoghi stracolmi
di astio e livore,
che creano ricordi
votati al dolore…
Eppur, riflettendo,
tu forse hai ragione,
ed è mio l’error,
di cercar comprensione;
e ch’io sia diverso,
non ho pena alcuna:
diverso da te,
e direi,
per fortuna…”
Ammetto che sia assolutamente paradossale dopo il lirico solforico di Dino Veniti, contrapporre il basico aulico della dolcissima Inchiostro Di Gelsomino, non prolifica come tante sue “colleghe” ma precisa nel cogliere bouquets di cuori con i suoi versi cullati dalla semplicità, da una sensibilità particolarmente ramificata e da una generosità empatica rara. La spontaneità germogliante di questa autrice ha il potere neurolettico di un’olazapina in versi, addolcisce, rasserena, illanguidisce, cura e, soprattutto, non ha nè bugiardino nè controindicazioni. Non agitarsi prima dell’uso. (Filippo Fenara)
Osservo l’angolo
della tua bocca che succhia il dito
tra chi lo fa sentir protetto.
Sei concatenazione d’amori
tra le pellicine delle tue dita
che strofinano sopra sotto sopra
le mie unghie d’anima.
La apro a te
che sei la mia bambina
che gioca a far la donna
per poi nascondere
le lacrime macchiate di mascara
negli angoli dell’abbraccio mio
stretto a protezione.
Tu, coraggio tutto cuore che mi manca.
Io, razionalità anestetizzante
di squarci di vita da ricucire.
Sei ago ed io ditale
su un filo rosso di vuoti che ci tiene unite.
Ma io non sono capace
a cucire i miei vuoti senza i tuoi
a camminare senza attutirti le cadute
a guardare le mie dita senza leggerci di te.
Perché tu mi hai sottratto la sofferenza
dell’infanzia, germogliandola con la tua gioia ribelle a semi.
Perché tu mi hai resa somma di due cieli
in cui il sole e la luna
si specchiano
senza sapersi eclissare.
Perché amarti
è imparare a gattonare
sull’altra riva di me stessa.
Celebro l’idea che un giorno un’immagine come questa non potrà più destare alcun tipo di reazione che non sia un semplice – bravi, siate per il neonato fari che lo aiutino a diventare ciò che è. Dategli da leggere libri di letteratura, portatelo con voi a sciare, nuotare, scarpinare e catturare con i sensi e i neuroni ancora in nuce tutta la magia che circonfonde la realtà in cui si trova già da ora a doverne interpretare le frequenze. Allenatelo ad armarsi di lenti focali in grado di cogliere i punti di vista altrui, unici vaccini capaci di contrastare lo strabismo che ingenera i peggiori pregiudizi. Fatelo pure incespicare nel magma degli impulsi sessuali quali che siano, purché in lui/lei non venga mai meno la sacralità del rispetto nei confronti dell’altra persona. Istruitelo sulla storia della morale per come si è evoluta dai mitemi di un tempo ai dogmi ancora imperversanti non solo in Medio Oriente, ma anche in un Paese come il nostro sì saturo di invidie inquisitorie e ipocrisia. Dategli nozioni di etica civile e fategli mirare l’universo. Fatelo crescere in un ambiente che lo stimoli quanto basti per sentirsi forte, fiero e consapevole della propria somma e ineguagliabile bellezza. –
Durante queste ultime feste si è giustamente dedicata alla sua famiglia, lasciando uno stuolo di orfani della sua accecante creatività. Tornando, ha dato fine alla snervante astinenza pubblicando articoli inerenti l’arte pittorica, poesie, ospitando altri autori nel suo blog e regalandoci la chicca che state per leggere, figlia dei suoi vent’anni, nei quali si sentiva a suo agio nello scrivere in francese, già con una freschezza e profondità che tuttora la caratterizzano. L’anima di Matilde non sembra essere interessata dallo scorrere del tempo, questa composizione ne è la prova, ha sempre cavalcato un immaginario docile, dolce, profumato e sentimentale, il suo talento è evidentemente genetico ed innato, basta leggerne i versi. Vi lascio al flebile rollio di queste meravigliose parole che ho lasciato anche in lingua originale per i francofoni, seguiti dalla splendida traduzione in italiano che vi obbligo a leggere con amore e cedevolezza. (Filippo Fenara)
Je suis ici,
entre la lumière
et les feuilles,
sous la tonnelle
du jardin aux citrons,
et j’attends ton retour.
Seule avec l’écho
de mes mots,
je voudrais entendre
les tiens.
Telles des épingles
de petites larmes
me piquent aux yeux
fatigués par l’attente.
Attente vaine, sans fin,
oxygène et miel,
eau qui tombe
et dégouline
sur les toits
de mon âme.
Sono qui,
tra la luce
e le foglie,
sotto il pergolato
del giardino dei limoni,
e aspetto il tuo ritorno
Sono sola con l’eco
delle mie parole
e vorrei sentire
l’eco delle tue
piccole lacrime
come spilli
pungono i mie occhi
stanchi per l’attesa
in questa attesa vana
e senza fine,
ossigeno e miele,
acqua che si abbatte
e sgocciola sui tetti
dei miei pensieri
I fatti accaduti recentemente a Washington hanno solo aumentato la dose di Biochetasi che assumo quotidianamente per tollerare la nullaggine che anima quest’umanità in avanzato stato di decomposizione. Peggiorativa è stata la democrazia da social che ha permesso ad imbecilli, avvoltoi, scrittoruncoli prezzolati, influencers subnormali, di dire la propria fasulla opinione e di schierarsi pro o contro, come se l’idiozia fosse divisa in due fazioni. Per fortuna c’è Ettore Massarese, che con una manciata di versi “di pancia” e il suo sconfinato vocabolario emette una sentenza definitiva su questo grottesco abominio che, più di un attacco alla democrazia, assomiglia ad un offesa all’intelligenza. Dimenticate quello che hanno spiattellato sugli schermi i TG, scordatevi dei boriosi articoletti usciti sui social e leggete lentamente i versi di questa poesia: capirete che questo è solamente uno degli ultimi avvertimenti prima del tracollo definitivo dell’umanità ed Ettore Massarese ne è cronista rivelatore di lusso. (Filippo Fenara)
Fragile pazza folla
bieca di morte corolla.
Cimiteriale
è il tuo osceno carnevale,
un Halloween d’accatto
e non dolcetti o caramelle
ma son pallottole il riscatto.
Sei grumo di fango
in questo inverno infernale
catastrofica milizia
quanto infingarda e banale.
Partorita sei d’antico ventre,
seme mostruoso e fecondo,
la cui copula da sempre…
stupra e infetta il mondo.
Scopi nel letto putrido
del “sonno della ragione”,
del decrepito occidente
sei l’immarcescibile infezione.
Grazie ad un assist della sempre gentile Luna aka @anima_inversi mi sono felicemente finalizzato sul gustoso profilo Instagram di Francesco Minichini aka @jodelaki, sorprendendomi di quanta istantaneità e ritmo riesce ad imprimere nei suoi scritti, sia che cavalchino un formato accademico, sia che vertano più alla slam poetry o alla spoken word. Il suo stile ricalca un po’ la “missione” di Le Mie Cose di creare pacificamente un intreccio tra la strada e l’elite dell’alta poesia, per cui sono entusiasta di diffondere, con il necessario consenso, il suo mood per quanto mi sia possibile, sperando che questa nostra collaborazione si protragga nel tempo a venire. Per oggi vi presento la sua “Il Bene e Il Male” (titolo affibbiato da me per motivi “editoriali”), componimento emblematico del repentino transfert che avviene dall’anima di Francesco Minichini direttamente alla penna, senza apparentemente essere filtrata da troppe revisioni e correzioni che ne comprometterebbero la delizia dell’improvvisazione. Augurandovi una buona lettura, mi raccomando di seguire il succitato scrittore sul suo profilo Instagram di cui vi lascio il link in calce alla poesia, converrete con me che ne vale assolutamente la pena. (Filippo Fenara)
Dicono quattro mura
facciano una stanza
anche se al tocco del tatto
perdono dote e sostanza
d’estate sembra neve
d’inverno sembra sabbia
gli antipodi fanno corazza
Eppure dicono che l’eco
corra di stanza in stanza
e si senta più a casa
la voce: difficile s’arrenda
anche se non ascoltata
E sul tavolo c’è una virgola
di miele, per voci rauche
che appena la goccia si
gira, fan sù col bicchiere
D’altronde: qualcuno di noi
l’ha davvero capita?
La differenza stessa
tra il male ed il bene?!
Scrive tanto e non sbaglia un colpo. La gamma di contesti moltiplicata per le innumerevoli nuances di colori che affronta La Eli fanno di lei una scrittrice difficilmente categorizzabile, un’anima sfuggente, una creativa incredibilmente versatile, commercialmente ingestibile e, proprio per quest’ultima peculiarità, meritevole di attenzioni importanti e approfondite. Mi ha danneggiato le coronarie sfiorando il tema dell’eros in “viVERSI“, si è elevata a cyber amazzone nella perentoria “Pixels“, ha messo in campo il suo lato ironico nella nostra collaborazione “Tripla X” (come dimenticare lo slogan “Ti slogo col pogo”?), ci ha regalato calorosi “Buongiorno!” ed ora…una struggente buonanotte. Fosse per le sue splendide ed evocative parole dormirei sonni tranquilli, ma un tarlo che mi corrode i pensieri mi terrà sveglio: com’è possibile che La Eli non sia ancora stata incoronata come una delle più interessanti autrici italiane emergenti? (Filippo Fenara)
Se dovessi scrivere una biografia romanzata di Rita Coda Deiana, l’intitolerei “L’invidia Del Cuore”. Perchè l’invidia non è un buon sentimento, ma questo particolare caso rappresenterebbe la classica eccezione che conferma la regola. Seguire le sue impronte liriche, il suo esempio morale, la sua dolcezza, la sacra liturgia del suo sentire, non può che essere la strada giusta, il percorso che la poetessa sarda spiana con altruistica abnegazione perchè il suo cuore, appunto, è a senso unico, il senso del bene. Trovo inutile e presuntuoso da parte mia commentare i suoi scritti, cerco solamente, nel mio notturno, artigianale, modesto lavoro, di diffondere il più possibile il suo verbo perchè ho la certezza oggettiva di fare la cosa giusta. Rita Coda Deiana è un raggio di sole che perfora il buio di questi tempi e dona speranza a chi ha perso il senso, la direzione, il nesso con l’uno assoluto. (Filippo Fenara)
Tempo, tempo, tempo: ecco cosa abbiamo.
Tempo per osservare da lontano le cadute
negli scalini di Plutone
davanti all’uscio
della sua perversa profondità.
Tempo per prolungare gli sguardi velati
sugli schermi delle tue distese articolate
che fanno vibrare l’aria
riscaldandola.
Tempo per indietreggiare sulla strada
che conduce alla comprensione reciproca
quella assoluta che mai si cancella.
Tempo per assorbire il profumo dei baci
che così poco conosciamo
ma così familiari
da sembrarci vicini all’essenza.
Tempo per raccogliere desideri e sogni
di una vita tracciata a matita
su un biglietto del treno
andata e ritorno.
Tempo, tempo e ancora tempo: solo questo.
La torre di Babele che crolla lasciando spiazzati, frastornati, confusi, scioccati. E che mette davanti ad un bivio: da una parte ricostruire una torre ancora più alta, dall’altra pensare che in fondo, scendere è l’unica strada per arrivare in cima alla vita. Filippo si è trovato davanti a questa biforcazione pochi mesi fa ed ha scelto il secondo percorso. Non conosco così a fondo la persona Marianna Bindi, ma la poetessa ha un evidente ed inestimabile talento impresso su fogli mischiati a bollette e volantini del supermercato, in files obsoleti tramortiti dentro chiavette in ripostigli angusti, versi annotati sul retro di scontrini poi accartocciati e gettati nella spazzatura. Disperdere i suoi pensieri, che sono oggettivamente un patrimonio intellettuale di tutto rispetto, lo ritengo veramente un peccato imperdonabile e sto cercando, grazie soprattutto alla sua disponibilità, di ricostruire un archivio delle sue visionarie composizioni. Questa memorabile “La Torre” è solo un succulento antipasto alla nostra prima collaborazione (come promesso qualche giorno fa) in written word improvvisata tramite chat che ha dato alla luce “Kryptonite”, in rampa di lancio su Le Mie Cose domani mattina alle 8:30. Ed è solo l’inizio della nostra ascendente discesa… (Filippo Fenara)
Un torrione
che si acchiocciola
dagli inferi al cielo.
Una scalinata
di concatenazioni
e di note a margine
di un dispiacere.
S’apre un varco
nella torbida notte di scuse:
sono io che m’arrampico
e che m’inerpico
aggrappata
a un passamano.
Come una pianta
osservo e persevero
in un mutismo universale
voglio solo abitare radici di parole.
Ramificandole.
Approfitto di questa chicca aulica di Manuela Di Dalmazi per dare a tutti i lettori l’appuntamento Venerdì 15 Gennaio alle 21 su queste frequenze, per una succinta recensione della prima silloge della poetessa succitata “Germoglia L’anima Deserta” in occasione dell’inaugurazione della nuova rubrica “L’allibratore”. Restate sintonizzati. (Filippo Fenara)