Avrei voluto mettere questa lucorea e strutturalmente simmetrica pietra preziosa di Manuela Di Dalmazi nell’articolo in cui ho abbinato links di poesie alle canzoni del pianista Eric Reed (che ringrazio per il gradito feedback su Instagram), ma “Un Raggio Di Pace” si è temporaneamente congedata dai miei pensieri per poi rispuntare successivamente in un deja vu nel corso della riproduzione dell’eterna “Summertime” di Gershwin, eseguita dal pastoso sax di Denis Solee. Evidentemente la composizione della poetessa abruzzese esigeva uno spazio tutto per sè e considero la canzone che ha spontaneamente scelto per essere accompagnata all’altare delle Carte Carbone una coincidenza non così fortuita. Se infatti lette con la dovuta sensibilità, le due liriche sono entrambe essenziali, concise, pregne di romantico significato, molto simili ad un mantra che si ripete all’infinito, perchè d’infinito sono composte. Pochi vocaboli concatenati in un girocollo semplice, sobrio, elegante e di abile manifattura, gli effluvi di tutte e quattro le stagioni pervadono le spire di questo rotolarsi in un tempo dilatato, accogliente, rassicurante. Confermo, come ho sempre asserito, che la brava Manuela Di Dalmazi continua a sperimentare, allenarsi, osare, uscire dagli schemi del “poeticamente corretto” per avvalorare una continua crescita stilistica e comunicativa che pare non avere limiti. Sfoggia arte a piene mani ed è bello leggerla e sentirsi sua plaudente platea. (Filippo Fenara)
UN RAGGIO DI PACE
D’un fiato l’anima
tra lame del male
serrò il suo cuore
la sua ferita,
ma in un approdo di luce
cucita da un raggio di pace
tornò a risplendere
la sua cicatrice.