La “Fragilità” che esprime Manuela Di Dalmazi in questi suoi versi è un concetto simile a quello di “Sensibilità” che, soprattutto quando è elevata, viene vista come una patologia, mentre personalmente credo che sia più vero il contrario, l’avverbio “troppa” è decisamente più dannoso nella sua accezione d’insensibilità, il contrario non dovrebbe avere dei limiti oltre i quali interviene la scienza sotto forma di medicina. Adoro quindi la danza che inscena la penna di Manuela Di Dalmazi negli spazi ampi delle sale della sua aggraziata fantasia, in un’assonanza di sensi più che di suoni, ci accompagna tra le verdeggianti e lussureggianti aree del suo pensiero, della fine sensibilità che le permette di blandire le interpretazioni ciniche della realtà, una fiaba senza lieto fine ma con una didascalica finalità, quella di raccontare sè stessa attraverso il filtro magico di versi senza tempo. (Filippo Fenara)
Silenzio sospetto
si ascoltano le cicale che la città ha ingoiato
Un cielo inatteso ha spogliato le nuvole,
e sempre più scoperta è questa mia fragilità.
Il raggio pigro del sole si dipana sulla finestra mostrando il nudo ballo delle sue particelle,
si poggia su dei fogli,
su una penna, su una matita,
sul temperino ancora vestito con la gonna rossa e nera
del Faber-Castell appena temperato,
briciole di mina,
gli odori si annodano ai ricordi…
le lacrime trasudano dai bordi.
Si ascoltano le voci dei bambini setacciate dal tunnel del tempo,
il presente si fa passato…
Una foglia ingiallita
appesa ad un ramo senza età sventola,
quasi si aggrappa per non cadere
in un abisso verde erba.
Non ha senso
vivere nascosti da noi stessi
inghiottire l’aria senza respirarla,
pensare che l’ora vive anestetizzata
priva di secondi
ed i minuti sono solo polvere
fuoriuscita dal sacco dell’eternità.
Non ha senso andare a dormire
senza stancarsi
fissando lo sguardo solo sul passato
o senza aver sorriso
un attimo di noi stessi.
Dopo l’estroso romanticismo di Emma con la sua “Legge Di Mercato”, torniamo alla commovente ed aggraziata semplicità compositiva della bravissima Manuela Di Dalmazi che pur avendo già dimostrato di essere scrittrice già matura, continua a compiere miglioramenti stilistici ed espressivi ad ogni sua nuova pubblicazione, indice di una volontà ferrea e dell’umiltà di chi non si stanca mai d’imparare. Questa sua “Non Ha Senso” è morbida e compatta come una spugna intrisa di ragionamenti palesi ma non scontati, è la decostruzione delle sovrastrutture filosofiche, è alla portata di mano di tutti, è accessibile, invitante, sinuosa nella sua innocenza. Ho già scritto svariate carte carbone su Manuela Di Dalmazi, troverei inutile dilungare e diluire questa recensione con ulteriori ed inutili lusinghe, ma lasciatemi rileggere quella chiusa stupenda nella sua tenera semplicità che recita “Non ha senso andare a dormire
senza stancarsi, fissando lo sguardo solo sul passato o senza aver sorriso un attimo di noi stessi”, veramente impagabile. Se, questo invece non mi stancherò di dirvelo, amate la scrittura di Manuela, vi ricordo che la sua prima silloge “Germoglia L’anima Deserta” è in vendita qui. (Filippo Fenara)
Vocali espunte
sbriciolate nel vento
volano nella buca di un testo
già scritto, già corretto.
Io non ho perso tempo,
io sono nel vento,
nel pudore del verso
d’un rammento.
ENTER
Enter. È questa la parola chiave, enter. La genialità di Manuela Di Dalmazi,che costruisce una potentissima corazzata poetica utilizzando solo la parola enter, riluce come un diamante dei gioielli della corona britannica. Enter sinonimo di irreversibile, quel che è stato è stato, “già scritto, già corretto”, “io non ho perso tempo” ed ha premuto il tasto più conosciuto incanalandone la filosofia in un indotto lirico ingegnoso per quanto scarno e semplice. Si evince da questo algoritmo aulico la determinazione della poetessa abruzzese, ma anche la scaltrezza, il pensiero acuto, la capacità di sintesi e mi fermo qui perchè sono inesorabilmente innamorato di questo piccolo bouquet onirico. Anche Manuela Di Dalmazi ha oltrepassato la linea del “non ho più lodi, lusinghe, apprezzamenti ed elogi da farle”, oramai è poetessa affermata sebbene abbia ancora molto da dire e ampi margini di crescita. Se vi interessasse il suo straordinario stile di scrittura, potete acquistare, ad un prezzo esiguo, la sua prima silloge “Germoglia L’anima Deserta” cliccando qui. (Filippo Fenara)
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A tutti è capitato di sopravvivere (o almeno si spera) ad un amore sbagliato, ma sono pochi che riescono a raccontarne l’esperienza con le metafore e le romantiche, seppur sofferenti, immagini che inventa Manuela Di Dalmazi. La sensazione appropriata delle “stelle cadenti sprovviste di desideri”, la irrisolutezza delle “primavere sterili, germogli non sbocciati” e i “baci senza risposta”, sono tutti piccoli ma invasivi sintomi di un amore sbagliato al quale spesso ci si appiglia per timore della solitudine o con la speranza di far crescere un fiore selvatico tra le crepe dell’anima ferita. L’autrice è maestra di sensibilità e delicatezza nella disamina di questo momento di vita, si distingue per l’attinenza aulica dei termini rimanendo in un contesto di scrittura di facile assimilazione senza darsi per scontata. Oramai che sappiamo del livello a cui ci ha abituato Manuela, il prossimo passo è quello di acquistare la sua silloge “Germoglia L’anima Deserta” qui, ad un prezzo decisamente inferiore alla qualità delle poesie che contiene e passare qualche momento di riflessione leggendo le sue elegie ed ascoltando, magari, “The Sequel” di un grande Mulgrew Miller. (Filippo Fenara)
ACROSTICO DOLORE
Disgregata lama
per tre quarti uncini
quattro quinti tagli
anima e corpo,
calva febbre s’impiglia
su
Occhi come d’inverno disgrazia
diluviaLatrati tra scambi di rotaie
deserteOdore di fonogrammi
rose
tra il nero sorriso di seppia
e uno sputo di maggio
le spineRialzarsi nudi
su
Erette posture oranti.D
O
C
E
Tdi Manuela Di Dalmazi dal blog “Imageon Poetry“
Secondo me l’acrostico non è una tecnica di scrittura, la ritengo più che altro una delle rappresentazioni ludico – creative di chi ama comporre poesie, un po’ come lo haiku. Abbiamo avuto un primo approccio cartacarbonaro con Manuela Di Dalmazi con la sua splendida e visceralmente passionale “Nell’antro Di Un Gaudio Provvisorio” e lo scintillante haiku “Notti Fatate“, ora vi ho proposto un suo acrostico che ha lasciato un segno indelebile sulla mia pinneale. Pare quasi ovvio, a questo punto, che l’utilizzo di tutte queste formule compositive, ci racconti di un’autrice che ama giocare con le parole, guidando il lettore attraverso un percorso enigmatico ed enigmistico che trova soluzione in temi con un pathos che si tatua nella memoria, fissandone l’aulica schiettezza. “Acrostico Dolore” è emblema del sovrascritto ma è anche ossimoro, contrapponendo il gioco poetico al dolore più sofferto, la luce e l’oscurità in una danza musicata armoniosamente dalle corde ispirate di Manuela Di Dalmazi. DOCET. (Filippo Fenara)
NELL’ANTRO DI UN GAUDIO PROVVISORIO
Diluita.
Profusa.
Nell’etere
come scia
mi diffondo in te
che inali
profumi carnali
e penetri serra
nell’antro di un gaudio provvisorio
mentre una ninfea schiude all’alba
e tu ad accarezzare talea
© Manuela Di Dalmazi dal blog “Imageonpoetry“
(da È tempo di disobbedire)
Per leggere l’articolo completo e l’haiku “Notti Fatate” clicca qui.
NOTTI FATATE
Notti fatate
luna e stelle cuciono
ritagli ai sogni
© Manuela Di Dalmazi dal blog “Imageonpoetry“
Manuela Di Dalmazi è un’autrice della quale sono riuscito ad evincere poco a livello di bio (purtroppo il suo blog non riporta notizie) ma, a conti fatti, è stato meglio assorbirla attraverso la lettura dei suoi fenomenali haiku e delle sue sinuose e provocanti poesie. Le prime due parole che mi sovvengono se ne volessi definire lo stile sono “carnalmente eterea”, detiene la capacità di trasportare l’anima del lettore in altri mondi tanto veri quanto onirici, tanto metaforici quanto focalizzanti. Questa “Notti Fatate” nelle famose “17 more” racchiude una polisemia estesa e innesca una serie di sapori e profumi legati alla notte che difficilmente si riuscirebbero a replicare anche in 1000 versi. Visto che proprio ieri ha pubblicato sul blog anche una poesia incantevole dal titolo “Nell’antro Di Un Gaudio Provvisorio” che reputo, come detto sopra, carnalmente eterea, ho deciso che più tardi cartacarbonerò anch’essa senza averle chiesto il permesso, spero mi perdoni e lo faccia attraverso un haiku. (Filippo Fenara)