Riecco l’inafferrabile vivacità della “piccola ape furibonda” (cit. Alda Merini), Maia. In poesia o in prosa non cambia molto, a volte su Instagram basta che scriva una parola e posti un simbolo per veicolare il suo fermento creativo insopprimibile, un’energia che, come un caricabatterie, ti rimette in sesto, una forza positiva che ti ridesta dai dilemmi della vita e dalle disgrazie del periodo. “Ho un’antologia di baci che avrei voluto darti” è solo uno dei colpi di genio di Maia, che mostra sempre una lucidità artistica non convenzionale e trasforma i suoi racconti in valigette 24h colme di monili preziosi, così come in ogni sua esternazione. Quest’autrice è la prova che la poesia vera non si può ricalcare, può essere solo espressa. (Filippo Fenara)
Già come poetessa, Maia aveva dimostrato di avere un quid stilistico distintivo, una classe innegabile, un talento genuino. Da non molto, su Instagram, ha dato alla luce il nuovo profilo @maiaprosa, dove eccelle con le sue disserzioni letterarie in formato comunque breve all’interno del quale riesce a comprimere innumerevoli significati, sentimenti, emozioni, immagini e parole giuste al posto giusto. D’altronde quando una persona ha il “so fare” congenito come Maia, potrebbe anche scrivere i volantini del supermercato trasformandoli in opere d’arte… (Filippo Fenara)
Maia. Maia e le sue concise incisioni. Poche parole con un potere non solo semiotico ma anche semantico, bordate aforistiche che s’infilano sotto l’incrocio delle spiazziate volontà dei lettori, aggiornamenti automatici del subconscio, firmwares subliminali, icone che racchiudono universi di contenuto, sinossi estreme, dardi. Un po’ di tempo fa ho letto questa “La Bemolle” – anche il titolo tracima simbolismo – ma, non avendo mai amato le poesie eccessivamente brevi, ho appioppato il comunque meritato like e ho proseguito la mia passeggiata sulla timeline di Instagram. Niente da fare, la mia CPU era ormai stata contagiata e continuamente pensavo a questo “concerto”, al “coltello di Grossman”, all’inedito “frugare oltre la serotonina” fino alla sentenza definitiva “ed amarmi davvero di tenera folllia”, forse il verso più trasparente ma con un gusto vintage anni ’60 che lascia rintronati dalla sua energia onirica. Voglio essere sintetico anche io, tengo solo a precisare per i lettori di LeMieCose, che il romanzo di David Grossman “Che Tu Sia Per Me Il Coltello” è la fantastica e a tratti delirante cronaca epistolare tra due amanti, vi suggerisco di metterlo tra i regali sotto l’albero, in attesa di poter fare dono, magari nel Natale del prossimo anno, d’una silloge di Maia. (Filippo Fenara)
Il fatto che pochi giorni fa abbia cartacarbonato “Epilessia Del Tempo” di Maia ed oggi proponga la sua “Anello Di Saturno” la dice lunga sul fascino che ha scatenato in me il suo inconfondibile stile e il suo spontaneo scrivere in continua evoluzione, a mio parere anteprima del volto della poesia del futuro. È trasversale il parere delle mie preferenze perchè, per ora, non è dettato da ricompense economiche e sono così cocciuto e orgoglioso che scrivo articoli senza l’intento di lusingare qualche barone delle elite editoriali, non mi faccio fermare dal recinto disgregante tra WordPress e Instagram anzi, cerco di creare un movimento collettivista virtuale che apra gli occhi su un mondo da ricostruire e non sulle malinconie della tradizione, un po’ come uno sterminato bar parigino virtuale dove gli scrittori si confrontano e s’ispirano l’un l’altro collaborando. Maia, in questa sua asciutta stesura, ci schematizza un amore mal corrisposto e lo fa senza troppi orpelli, delegando significati incisivi a poche iconiche parole collocate con insolita ed eclettica maestria come, ad esempio, “Invece, su di me, hai edificato tu i tuoi lati crudeli”, una staffilata onirica che lascia poco spazio all’interpretazione, è oggettività espressa ed espressiva. Il mio intento è quello di veder fiorire questo bocciolo di autrice che è Maia che, inconsapevolmente, mi sta indicando la strada per il cambiamento ed è una gioia percorrerne un tratto in sua compagnia. (Filippo Fenara)
Che sciocco. Fino a poco tempo fa ritenevo la poesia zippata di Instagram una depravazione aulica, poi mi sono dovuto ampiamente (non totalmente, sia chiaro) ricredere, soprattutto grazie alle indicazioni di Francesca De Masi aka @inosservatapasso che, come Beatrice nel paradiso terrestre, mi ha guidato attraverso il percorso di trasformazione della comunicazione onirica attuale, indicandomi autori ed autrici che avrebbero – e così è stato – destato la mia attenzione e stima. Paradigmatico è l’incontro che ho recentemente avuto con le frequenze compresse di Maia, sul cui account Instagram sono conficcate frecce liriche di un’originalità spiazzante, che l’autrice scocca con la precisione di un cacciatore di anime fertili e che bersagliano la zona d’ombra della poesia “classica” per ergersi a modello, criticabile finchè si vuole, ma oggettivamente coraggioso ed originale nella concisa stesura. “Le pozzanghere sorridono d’imbarazzo e nudità” è una sentenza definitiva così come lo è “memoria isterica, epilessia del tempo” tutte frasi tracimanti significanza focale, Maia scarta tutti gli orpelli superflui, non ostenta ricami, piuttosto enuclea il nocciolo di forme tra il cubismo ed il surrealismo e le comprime in un jpeg che infrange i sensi del lettore comune attraverso lo stupore che emana. Mi auguro che, prossimamente, Maia mi conceda il lusso di cartacarbonare altre frecce del suo feretro creativo, perchè scoprirete che, visitando il suo account Instagram, ci sono lampi di genio che non devono passare inosservati. (Filippo Fenara)
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