Avrei voluto mettere questa lucorea e strutturalmente simmetrica pietra preziosa di Manuela Di Dalmazi nell’articolo in cui ho abbinato links di poesie alle canzoni del pianista Eric Reed (che ringrazio per il gradito feedback su Instagram), ma “Un Raggio Di Pace” si è temporaneamente congedata dai miei pensieri per poi rispuntare successivamente in un deja vu nel corso della riproduzione dell’eterna “Summertime” di Gershwin, eseguita dal pastoso sax di Denis Solee. Evidentemente la composizione della poetessa abruzzese esigeva uno spazio tutto per sè e considero la canzone che ha spontaneamente scelto per essere accompagnata all’altare delle Carte Carbone una coincidenza non così fortuita. Se infatti lette con la dovuta sensibilità, le due liriche sono entrambe essenziali, concise, pregne di romantico significato, molto simili ad un mantra che si ripete all’infinito, perchè d’infinito sono composte. Pochi vocaboli concatenati in un girocollo semplice, sobrio, elegante e di abile manifattura, gli effluvi di tutte e quattro le stagioni pervadono le spire di questo rotolarsi in un tempo dilatato, accogliente, rassicurante. Confermo, come ho sempre asserito, che la brava Manuela Di Dalmazi continua a sperimentare, allenarsi, osare, uscire dagli schemi del “poeticamente corretto” per avvalorare una continua crescita stilistica e comunicativa che pare non avere limiti. Sfoggia arte a piene mani ed è bello leggerla e sentirsi sua plaudente platea. (Filippo Fenara)
UN RAGGIO DI PACE
D’un fiato l’anima
tra lame del male
serrò il suo cuore
la sua ferita,
ma in un approdo di luce
cucita da un raggio di pace
tornò a risplendere
la sua cicatrice.
A causa di nefaste esperienze pregresse, prima di conoscere virtualmente la poesia e lo spirito di Manuela Di Dalmazi, ero bloccato da un fastidioso risentimento (assolutamente non violento ed autoemarginante) verso il genere femminile in toto. Galeotto fu il blog che mi fece conoscere lei ed alcune altre Donne che, attraverso la sincerità, l’integrità, il coraggio e armonici versi, si sono guadagnate la mia più profonda stima perttendomi d’intingere, senza ovviamente generalizzare, il mondo femminile in colori pastello che hanno sostituito il bianco e nero causa del mio sconforto. Ora, come tutte le ottime persone che ho avuto il piacere di conoscere lungo questo mio exploit digitale, Manuela Di Dalmazi oltre a darmi l’impressione di integrità, correttezza ed emancipazione non mistificata, è di una modestia e di un’umiltà forse anche troppo esemplari. Prima d’introdurre la sua ennesima poesia d’alta quota, tengo a dire, parafrasando un vecchio adagio dei Tiromancino, nel completo rispetto dei suoi affetti ed in maniera assolutamente innocente che Manuela…”per me è importante”. Forse non sarà una grande gratifica per lei ma trovo umanamente giusto riconoscerle un grande merito morale.
Io, forse proprio a causa delle esperienze di cui sopra, non sono padre ma non lo vivo come una frustrazione, in fondo penso che chi non ha figli si dovrebbe sentire padre e responsabile di tutti i bambini ed i giovani del mondo. Pensare così mi fa stare bene. “Sei Padre”, detto da una Manuela Di Dalmazi quasi attonita, sembrava come un post it appiccicato al frigorifero con su scritte le cose da comperare al supermercato: io la trovo un punteruolo che si conficca nel cuore senza fare male, anzi, sarà per la semplicità o per il probabile sovrappensiero nel quale l’ha scritta che la ritengo speciale, un dono a tutti gli uomini ed un merito per tutte le donne. “Che per me è importante”. (Filippo Fenara)
SEI PADRE
Uomo,
questa forza
che chiami calma
è estasi del cuore,
riposo delle membra
quando poggi lo sguardo
sulle labbra
di un’alba che fai donna,
quando nello sbadiglio della sera culli tuo figlio,
dentro il silenzio di una pietra
umile come le tue mani
nella fatica del giorno,
in attesa che il tuo sorriso
parli d’amore
ovunque perché sei padre.
Onestamente, questa volta, non so cosa scrivere di Manuela Di Dalmazi. Ho già detto tanto di lei, della sua crescita esponenziale, della sua piumata gentilezza, del suo saper narrare di eros come di dinamiche di dissenso sociale con la stessa, ficcante, maestria. Secondo me è una delle poche persone che vive già nel futuro del proprio presente, che sale verso la cima cosciente da dove è partita, che mostra le sue molteplici sfaccettature in una personalità integra e contemporaneamente complessa. Questa “Tramonto In Te” è una splendida flambata d’eros che preannuncia il suo prossimo lavoro “Vietato L’ingresso Ai Non Addetti All’amore” che, dalle anteprime, dà l’idea di essere un vero e proprio masterpiece dell’italica poesia. Parole rarefatte che hanno il potere erotico per destabilizzare qualsiasi anima sensibile, riferimenti bucolici che arroventano l’atmosfera in un battito di ciglia, il gioco più peccaminoso del quale Manuela Di Dalmazi traccia contorni netti e li colora di rosso fuoco, come quello che arde nelle sue arterie. Perchè guardare il grande fratello o il telegiornale in televisione quando ci sono persone in grado di regalarvi emozioni vere e non fictions parruccate? Statemi in dubbio. (Filippo Fenara)
Dopo la recente pubblicazione della silloge “È Tempo Di Disobbedire” (recensita QUI), Manuela Di Dalmazi si è rimessa immediatamente in marcia per un nuovo lavoro di prossima uscita dal titolo sorprendente “Vietato L’ingresso Ai Non Addetti All’amore”, del quale farà parte anche questa “Blu-Livido”, gustoso antipasto della raccolta a venire. Una breve composizione dove, parere a pelle molto personale, mi piace interpretare un metaforico ritiro temporaneo dagli “oltraggi” dei quali la quotidianità è ormai prodiga, in attesa di una risacca, una sorta di realizzazione delle regole karmiche dove tutti i nodi verranno al pettine e, come scrive Manuela Di Dalmazi nella chiusa, “voglia il blu livido abissarsi nell’azzurro del verbo” che indica il collasso di un mondo ingiusto e sbagliato per lasciare il posto ad una nuova era di luce che tanti artisti e visionari auspicano dopo questi tempi tragicamente “Blade Runner”. Comunque sia, questa ispirata ed eterea “Blu-Livido” segna l’attesa di un senso di riscatto, di rinnovo, obiettivi che la poetessa abruzzese, continuando sul sentiero del suo spirito, non mancherà di certo. (Filippo Fenara)
BLU-LIVIDO
Fuggi gli oltraggi
e come l’onda
t’infrangi su scogli
che di speranza
è sponda
in attesa
di risacca.
Voglia il blu-livido abissarsi nell’azzurro del verbo.
Mi si strozzano le parole in gola. La poetessa Manuela Di Dalmazi mi ha fatto dono di questo coriandolo d’immensità, un gesto sobrio, disinvolto, gratuito che ha spalancato il mio cuore disabitato da troppo tempo per cambiargli aria, ridonargli vita, inondarlo di luce. Non riesco a scrivere altro per la felicità da capogiro che mi ha travolto, per la commozione, per la voce silenziosa che è venuta a sussurrare alla mia anima “il peggio è passato Filippo, la rinascita ti aspetta”. La riconoscenza che provo va molto oltre le parole. (Filippo Fenara)
Mani
Mani che si riconoscono sotto lenzuola di seta, dita intrecciate, corpi svestiti collidono incendiandosi nella Tundra sconfinata di palpebre abbassate, il palmo caldo sul ventre gravido, profezia di vita intonsa.
Ricordo, come fosse ora, la prima volta che stilai la carta carbone di una sua poesia: “Nell’antro Di Un Gaudio Provvisorio”. Vertigini, affacciandomi su quell’abisso emotivo senza rive, la sensazione di timore di fronte a tanta vastità espressa e sottesa contrastato da un’antagonistica irresistibile attrazione fascinatoria per quei versi di eros marchiato a fuoco al centro della percezione. Da allora Manuela DiDalmazi, pur apparendo già agli apici dell’icasticità, è riuscita ad andare oltre i propri presunti limiti riuscendo nell’intento quotidiano di rioriginarsi, accumulare vibrazioni, instillare versi in purezza tra le pieghe del subconscio di chi ha la fortuna di leggerla ma non solo, di chi ne carpisce la determinazione, il senso creativo risorgivo, l’emancipazione fiera di donna e madre, la lealtà, la gentilezza, il flusso vitale. Sdrammatizzando l’enfasi, posso comunque asserire che se la mia fosse un’idealizzazione, Manuela di Dalmazi ne rappresenterebbe la realtà perfettamente combaciante. “È Tempo Di Disobbedire” è la sua seconda silloge, viene dopo la più embrionale (ma lo si può dire solo a posteriori) “Germoglia L’anima Deserta” (recensita QUI) ed è un libro “lussuoso” non in quanto elitario, anzi, trae vibrazioni dalla strada, dalla normalità, dal quotidiano e le restituisce amplificate, incandescenti, eleganti, comunque rivolte a qualsiasi tipo di pubblico. Un lusso popolare insomma. Riavvolgiamo il tempo e leggiamo la rovente “Nell’antro Di Un Gaudio Provvisorio”, torniamo all’origine.
Copyright Manuela Di Dalmazi
Origine. Confeziono un’anafora per riprendere il filo del discorso, volendo puntare la lente sulla peculiarità che più mi colpisce di Manuela Di Dalmazi, la natura generatrice, che in una macrovisione olistica va ad interessare tutte le sfaccettature della sua vita espressa in versi, l’abilità congenita e spontanea di donare vita in tutte le accezioni semantiche possibili, l’essere infinitamente madre. Ciò è palesato in una poesia del libro che rappresenta la genesi, l’origine, la creazione, s’intitola “Prequel”.
Copyright Manuela Di Dalmazi
Solchi profondi, emozioni forti. Manuela Di Dalmazi non è mai un sentimento scontato, molliccio o palesato per un’estetica di facciata, è anche popolo, protesta, esternazione del disappunto verso un mondo crudele e insensato, come all’inizio di “È Tempo Di Disobbedire” la poesia tagliente si traveste di surreale “infavolandosi”, come alla fine si comprime nei confetti nucleari degli haiku dei quali la potessa è abile ideatrice. Concludendo vi posto la caustica “OBIETTIVO 35 millimetri” nella sospirante insofferenza di chi, mentre sfoglia un bel libro, aspetta già il prossimo sapendo che sarà ancora meglio. (Filippo Fenara)
Sono le differenze che ci rendono uguali. Fateci caso: finchè i dialetti erano le lingue più parlate, gli Italiani erano più coesi e solidali tra loro – a parte l’eterna stupidità del confronto tra Sud e Nord – oggi invece, soprattutto nelle città dove l’italiano ha soppiantato il vernacolo, c’è un disgustoso individualismo, ognuno pensa per sè, anche il campanilismo si è ulteriormente disgregato in microparticelle di diffidenza ed aggressività nei confronti del prossimo. Io, pur essendo un generatore compulsivo di neologismi, attraverso la lettura di tante poesie, sto risalendo la corrente frammentatrice e mi godo le sonorità, i termini e le peculiarità grammaticali di tanti dialetti, dal sardo logurese di Rita Coda Deiana, al napoletano verace di Ettore Massarese, passando per il siciliano di Lyth Karu, fino all’abruzzese di Manuela Di Dalmazi. Questa infatti è la carta carbone di “Quant’è vero Gesù Cristo” una sua ammaliante ed intima poesia dialettale della quale troverete la traduzione in Italiano e Inglese nella descrizione del video sottostante, dove la poetessa recita con un accento aggraziato ed un intercalare riflessivo i versi del componimento. In realtà quest’articolo è solo un piccolo antipasto della presentazione del suo recente libro “È Tempo Di Disobbedire” che sarà pubblicata su LeMieCose (e condivisa ove possibile) nella rubrica “l’allibratore” domani alle 13:00. Sicuro che non mancherete all’appuntamento, vi lascio al suono flautato della voce di Manuela Di Dalmazi e del dialetto abruzzese raccomandandovi di stare in luce. (Filippo Fenara)
(Dialogo di un vecchio con sé stesso accanto al focolare, quando la vita volge al termine e il suo rivolgersi al Signore chiedendo di dare ai suoi figli tutto ciò che è mancato a lui.)
Ch’aja fà abbirrutàte a ‘sta vita come ‘na matassa di lana càvze rutt e ciàvatt solo accanto a lu foco ‘ngh un poch di cicoria.
Ah! Quanto so’ amari sti jurn di vicchiaia ciopp’ e senza dind che manco lu Ciffe e Ciaffe poss muccicà.
‘Na vita di sacrifici e la guerra so’ passat so’ ite pure sfullat e mo’ la solitudine ma gabbath.
Fuori lu vend; che pozza mett ‘na cianghetta a sta’ sorte non pè mè ma pè lì fija mè daij tutto ciò che ja mànche quant’è vero Gesù Cristo: i t’aspett lu stess pure senza cappotto! C’ha mànche!
Pronti…partenza…viaaaa!!! Ed eccomi, dopo il varo di ieri della fiammante rubrica “FotoSintesi”, con un’altra inaugurazione, questa volta di uno spazio chiamato “L’allibratore” dove mi curerò di una “recensione emotiva” di libri di poesia che mi hanno colpito particolarmente, con la riproduzione di alcuni significativi versi e un amichevole, generico commento. Prima di cominciare tengo a precisare che – per ora – queste recensioni (e non critiche letterarie) sono gratuite e selezionate, con il permesso dell’autore/autrice, secondo i miei gusti di lettore e ricercatore d’anime. I libri che non mi interessano, semplicemente, non li recensisco, nemmeno per un milione di euro. Ma forse per un milione un pensierino…
“GERMOGLIA L’ANIMA DESERTA”
DI MANUELA DI DALMAZI
Parto da questo libro dell’autrice abruzzese che conosco da tempo virtualmente per gentilezza e disponibilità e della quale ho stilato numerose carte carbone in passato. Questa rappresenta la sua prima raccolta poetica, edita nel Marzo del 2019 e trovo modo di parlarvene proprio ora che è appena uscita la sua seconda fatica “È Tempo Di Disobbedire”, della quale ne tratterò, sempre in questa rubrica, a breve. Dopo un’attenta lettura (dite quel che volete ma io, nei lunghi viaggi in autobus trovo una concentrazione superiore ai miei standards abituali…) di “Germoglia L’anima Deserta” ho concretato almeno tre caratteri che rendono questo libro autentico: la vita di un piccolo paese dell’Italia centro meridionale (dove l’autrice è nata), l’impegno sociale incombente e la lotta a denti serrati per la salvaguardia di valori morali, sentimenti profondi inequivocaboli e anime intonse, il tutto accomunato da un amore intenso, ingenuo, irrevocabile per la vita.
Da “Chiudo Il Sipario”
Ecco l’amore. L’amore che nella scrittura di Manuela Di Dalmazi spesso sfiora l’eros ma si radica profondamente nel ferace animo della scrittrice determinandone a monte tutti gli impulsi creativi, è proprio l’amore che genera il leit motiv di questa silloge, l’amore di madre, amante, compagna, amica e l’amore verso sè stessa dal quale tutto prescinde.
Da “Latitanti”
Amore quindi nella sua forma più rilucente, ma anche nella sofferenza che implica, nella delusione dell’abbandono, nel crepitio interiore della mancanza, nel rimpianto di anni vissuti nella tossicità di rapporti impossibili.
Da “Sopravvissuto”
Prima accennavo all’impegno sociale della poetessa, significativa è l’elegia “Gratta e Vinci” nella quale offre una dolente ed attenta disamina dei malcapitati fruitori del “azzardo di stato” che si rovinano nell’utopica speranza di “svoltare” la propria esistenza, quindi riepilogando, nessun sentimento ipocrita da mettere sotto l’albero di Natale o introspezioni ripetitivamente astruse, ma metallici ganci lirici che si conficcano nella triste realtà della socialità popolare.
Da “Gratta e Vinci”
La natura come insegnamento metaforico, l’acqua della sorgente, “le luci del giorno svestite dall’alba”, le onde, l’orizzonte i “prati inginocchiati ai piedi della montagna”, sono tutti valori bucolici che Manuela di Dalmazi ha fatto suoi, riversandoli in lemmi tracimanti luce e felicità.
Da “L’albero Dei Frutti Felici”
Il libro si conclude con 33 haiku che – attenzione – non sono difficili da comporre, ma è assolutamente complicato stilarne di belli e significativi. Manuela Di Dalmazi eccelle in questa tecnica poetica dalle origini nipponiche riuscendo a comprimere simbolismi enormi in pochissime stringate parole.
Haiku
Trarre delle conclusioni da “Germoglia L’anima Deserta” è un gesto azzardato, l’autrice, già matura tecnicamente e moralmente all’epoca della pubblicazione del libro, è ulteriormente migliorata, ma nel frattempo la pandemia ha completamente rimescolato le carte in tavola dell’umanità. Credo però che, valutando il prezzo di copertina e la qualità aulica ed emotiva espressa, sia quasi un dovere acquistare questa silloge di debutto di Manuela Di Dalmazi, semmai accoppiata all’ultima sua recente uscita “È Tempo Di Disobbedire”. Statemi in luce. (Filippo Fenara)
Approfitto di questa chicca aulica di Manuela Di Dalmazi per dare a tutti i lettori l’appuntamento Venerdì 15 Gennaio alle 21 su queste frequenze, per una succinta recensione della prima silloge della poetessa succitata “Germoglia L’anima Deserta” in occasione dell’inaugurazione della nuova rubrica “L’allibratore”. Restate sintonizzati. (Filippo Fenara)
La “Fragilità” che esprime Manuela Di Dalmazi in questi suoi versi è un concetto simile a quello di “Sensibilità” che, soprattutto quando è elevata, viene vista come una patologia, mentre personalmente credo che sia più vero il contrario, l’avverbio “troppa” è decisamente più dannoso nella sua accezione d’insensibilità, il contrario non dovrebbe avere dei limiti oltre i quali interviene la scienza sotto forma di medicina. Adoro quindi la danza che inscena la penna di Manuela Di Dalmazi negli spazi ampi delle sale della sua aggraziata fantasia, in un’assonanza di sensi più che di suoni, ci accompagna tra le verdeggianti e lussureggianti aree del suo pensiero, della fine sensibilità che le permette di blandire le interpretazioni ciniche della realtà, una fiaba senza lieto fine ma con una didascalica finalità, quella di raccontare sè stessa attraverso il filtro magico di versi senza tempo. (Filippo Fenara)
FRAGILITÀ
Silenzio sospetto
si ascoltano le cicale che la città ha ingoiato
Un cielo inatteso ha spogliato le nuvole,
e sempre più scoperta è questa mia fragilità.
Il raggio pigro del sole si dipana sulla finestra mostrando il nudo ballo delle sue particelle,
si poggia su dei fogli,
su una penna, su una matita,
sul temperino ancora vestito con la gonna rossa e nera
del Faber-Castell appena temperato,
briciole di mina,
gli odori si annodano ai ricordi…
le lacrime trasudano dai bordi.
Si ascoltano le voci dei bambini setacciate dal tunnel del tempo,
In mezzo a quest’oceano di paure sulla scialuppa dell’umano sentire me ne vado navigando verso le distanze pescando poesie oltre le immagini, gridando a Te che nulla finisce perché creatura nacqui.
“Come Se Niente Fosse” è un’icona dolce e dal marcato respiro onirico, poteva essere il testo di una canzone dell’indimenticabile Domenico Modugno, è una piuma che si posa dopo aver viaggiato per migliaia di miglia nell’abbraccio del vento. “Come Se Niente Fosse” è l’inno all’amore in purezza, senza sofisticazioni e sovrastrutture, è un pianto di gioia, è una “scialuppa” che ci salva dal naufragio morale del sistema sul rollio di versi ondulatori, sinusoidi compresse che inoculano quiete e speranza nella visione di un meraviglioso mondo nuovo che costruiremo, uniti da un sentimento d’amore collettivo. Non pensiate che voglia mettermi in mostra forgiando poesia su poesia, il mio intento risiede nel voler costruire un piedistallo che meriti di sorreggere un’elegia luccicante come questa, non esporrei mai un diamante in una pozzanghera per metterne in evidenza la brillantezza…
Manuela Di Dalmazi, artista che da tempo ho il piacere di cartacarbonare, in questa sua “Come Se Niente Fosse” ci dà prova delle sue parabole auliche imprevedibili, pur essendo la sua prima silloge un’opera imperdibile nella sua interezza, nomino questa composizione come “singolo” trainante, per usare un gergo musicale, una vera “hit”. Far trovare “Germoglia L’anima Deserta” sotto l’albero di questo Natale “differente” significa regalare emozioni, calore ed empatia (visto anche il prezzo popolare che corrisponde a circa 5 caffè al bar…), quantomeno andate a curiosare tra le gemme di Manuela sul suo blog “Imageonpoetry” oppure, ancora più semplicemente, nel popolato rione di Facebook, visitando il suo profilo. (Filippo Fenara) @lemiecosepuntonet
Non ha senso vivere nascosti da noi stessi inghiottire l’aria senza respirarla, pensare che l’ora vive anestetizzata priva di secondi ed i minuti sono solo polvere fuoriuscita dal sacco dell’eternità. Non ha senso andare a dormire senza stancarsi fissando lo sguardo solo sul passato o senza aver sorriso un attimo di noi stessi.
Dopo l’estroso romanticismo di Emma con la sua “Legge Di Mercato”, torniamo alla commovente ed aggraziata semplicità compositiva della bravissima Manuela Di Dalmazi che pur avendo già dimostrato di essere scrittrice già matura, continua a compiere miglioramenti stilistici ed espressivi ad ogni sua nuova pubblicazione, indice di una volontà ferrea e dell’umiltà di chi non si stanca mai d’imparare. Questa sua “Non Ha Senso” è morbida e compatta come una spugna intrisa di ragionamenti palesi ma non scontati, è la decostruzione delle sovrastrutture filosofiche, è alla portata di mano di tutti, è accessibile, invitante, sinuosa nella sua innocenza. Ho già scritto svariate carte carbone su Manuela Di Dalmazi, troverei inutile dilungare e diluire questa recensione con ulteriori ed inutili lusinghe, ma lasciatemi rileggere quella chiusa stupenda nella sua tenera semplicità che recita “Non ha senso andare a dormire senza stancarsi, fissando lo sguardo solo sul passato o senza aver sorriso un attimo di noi stessi”, veramente impagabile. Se, questo invece non mi stancherò di dirvelo, amate la scrittura di Manuela, vi ricordo che la sua prima silloge “Germoglia L’anima Deserta” è in vendita qui. (Filippo Fenara)
Enter. È questa la parola chiave, enter. La genialità di Manuela DiDalmazi,che costruisce una potentissima corazzata poetica utilizzando solo la parola enter, riluce come un diamante dei gioielli della corona britannica. Enter sinonimo di irreversibile, quel che è stato è stato, “già scritto, già corretto”, “io non ho perso tempo” ed ha premuto il tasto più conosciuto incanalandone la filosofia in un indotto lirico ingegnoso per quanto scarno e semplice. Si evince da questo algoritmo aulico la determinazione della poetessa abruzzese, ma anche la scaltrezza, il pensiero acuto, la capacità di sintesi e mi fermo qui perchè sono inesorabilmente innamorato di questo piccolo bouquet onirico. Anche Manuela Di Dalmazi ha oltrepassato la linea del “non ho più lodi, lusinghe, apprezzamenti ed elogi da farle”, oramai è poetessa affermata sebbene abbia ancora molto da dire e ampi margini di crescita. Se vi interessasse il suo straordinario stile di scrittura, potete acquistare, ad un prezzo esiguo, la sua prima silloge “Germoglia L’anima Deserta” cliccando qui. (Filippo Fenara)
Posted at 13:00 by Filippo Fenara, on Settembre 22, 2020
di Manuela Di Dalmazi dalla silloge “Germoglia L’anima Deserta” e dal blog “Imageonpoetry“
A tutti è capitato di sopravvivere (o almeno si spera) ad un amore sbagliato, ma sono pochi che riescono a raccontarne l’esperienza con le metafore e le romantiche, seppur sofferenti, immagini che inventa Manuela Di Dalmazi. La sensazione appropriata delle “stelle cadenti sprovviste di desideri”, la irrisolutezza delle “primavere sterili, germogli non sbocciati” e i “baci senza risposta”, sono tutti piccoli ma invasivi sintomi di un amore sbagliato al quale spesso ci si appiglia per timore della solitudine o con la speranza di far crescere un fiore selvatico tra le crepe dell’anima ferita. L’autrice è maestra di sensibilità e delicatezza nella disamina di questo momento di vita, si distingue per l’attinenza aulica dei termini rimanendo in un contesto di scrittura di facile assimilazione senza darsi per scontata. Oramai che sappiamo del livello a cui ci ha abituato Manuela, il prossimo passo è quello di acquistare la sua silloge “Germoglia L’anima Deserta”qui, ad un prezzo decisamente inferiore alla qualità delle poesie che contiene e passare qualche momento di riflessione leggendo le sue elegie ed ascoltando, magari, “The Sequel” di un grande Mulgrew Miller. (Filippo Fenara)
Secondo me l’acrosticonon è una tecnica di scrittura, la ritengo più che altro una delle rappresentazioni ludico – creative di chi ama comporre poesie, un po’ come lohaiku. Abbiamo avuto un primo approccio cartacarbonaro con Manuela Di Dalmazi con la sua splendida e visceralmente passionale“Nell’antro Di Un Gaudio Provvisorio” e lo scintillante haiku “Notti Fatate“, ora vi ho proposto un suo acrostico che ha lasciato un segno indelebile sulla mia pinneale. Pare quasi ovvio, a questo punto, che l’utilizzo di tutte queste formule compositive, ci racconti di un’autrice che ama giocare con le parole, guidando il lettore attraverso un percorso enigmatico ed enigmistico che trova soluzione in temi con un pathos che si tatua nella memoria, fissandone l’aulica schiettezza. “Acrostico Dolore” è emblema del sovrascritto ma è anche ossimoro, contrapponendo il gioco poetico al dolore più sofferto, la luce e l’oscurità in una danza musicata armoniosamente dalle corde ispirate di Manuela Di Dalmazi. DOCET. (Filippo Fenara)
Manuela Di Dalmazi è un’autrice della quale sono riuscito ad evincere poco a livello di bio (purtroppo il suo blog non riporta notizie) ma, a conti fatti, è stato meglio assorbirla attraverso la lettura dei suoi fenomenali haiku e delle sue sinuose e provocanti poesie. Le prime due parole che mi sovvengono se ne volessi definire lo stile sono “carnalmente eterea”, detiene la capacità di trasportare l’anima del lettore in altri mondi tanto veri quanto onirici, tanto metaforici quanto focalizzanti. Questa “Notti Fatate” nelle famose “17 more” racchiude una polisemia estesa e innesca una serie di sapori e profumi legati alla notte che difficilmente si riuscirebbero a replicare anche in 1000 versi. Visto che proprio ieri ha pubblicato sul blog anche una poesia incantevole dal titolo “Nell’antro Di Un Gaudio Provvisorio” che reputo, come detto sopra, carnalmente eterea, ho deciso che più tardi cartacarbonerò anch’essa senza averle chiesto il permesso, spero mi perdoni e lo faccia attraverso un haiku. (Filippo Fenara)