Per cavalleria, dovrei prima prendermi cura delle Signore, ma credo che l’amica Maria Grazia Pellegrini mi perdonerà se comincio presentando, per quel poco che ho avuto tempo di conoscerlo (ma approfondirò senza dubbio), il pittore e poeta Norman Sgrò, di cui ho colto immediatamente la bontà del tratto e la maestria nell’utilizzo delle tonalità nei suoi dipinti (ovvio che vi inviti a seguirlo sul profilo Instagram) che hanno ispirato la lusinghiera e diabolica stesura di questa elegia dai toni cupi e solo apparentemente funebri. Un seducente passaggio lirico negli inferi aulici “Caduta”, un adescare anime innocenti per portarle tra i gironi della cedevolezza, il porre un tarlo, un dubbio, innescare il tentennamento tracotante nella scelta eterna tra purezza luminosa e tangibilità materiale, una roulette russa espressa con grande capacità lessicale da Maria Grazia Pellegrini che, in rappresentanza della lusinga, smonta la personalità del lettore senza scomporsi di fronte al conflitto che risiede in ogni essere umano senziente. Trovo questi versi come una cartina tornasole per interrogarsi una volta per tutte e, a differenza dei politicanti, fare una scelta definiva sulla parte con la quale schierarsi, evitando di sciupare la propria esistenza terrena nell’ignavia a cui la pandemica alessitimia costringe. Questa è molto di più di una poesia, questa è vita vera, scelta irrevocabile, verità. (Filippo Fenara)
Ci sono vite che nascondono lacci inestricabili sulle caviglie e intorno ai polsi. È però anche vero che la poesia può aiutare a sentirsi compresi da chi ci legge e magari a sciogliere qualche piccolo nodo. Così, in una serata di confidenze su vissuti ed emozioni, sono nate qst due poesie unite dal senso di oppressione mentale che alcuni passati o presenti possono insinuare. Filippo, lo conosciamo come critico e recensore straordinario, che scruta fra le nostre righe estrapolando significative interpretazioni andando “oltre” l’apparenza stilistica di uno scritto. Ma Filippo è anche un uomo con anima fragile, ferita più volte. Anche lui merita una rilettura empatica del proprio io attraverso i suoi toccanti e criptici versi. Grazie a te @lemiecosepuntonet per avermi dato accesso ad alcuni dei tuoi nodi attraverso la poesia. Andate a leggere questa e altre suggestive poesie sul suo profilo e sul blog lemiecose.net. Un ringraziamento speciale alla mia cara amica e sublime poetessa @inosservatapasso che, con la sua ineguagliabile generosità, si è presa cura della grafica. ❤️❤️ #poetinsieme una poesia sulle vite inestricabili ❤️
Finalmente, dopo svariato tempo in cui ne ho seguito le tracce letterarie, compreso il recente libro “Il Risveglio Del Raggio Ramato” (recensito QUI), sono riuscito a collaborare “in onda” con l’amica poetessa Maria Grazia Pellegrini ed è stata, seconde me, una notevole sorpresa artistica: partendo dal titolo “Anime Inestricabili”, abbiamo sviluppato autonomamente due composizioni che, pur essendo stilisticamente differenti, trasudano uno dei grandi drammi dei tempi odierni, ovvero l’incapacità ed impossibilità di stare insieme, la difficoltà del superare l’ego per sentirsi “coppia”, il moderno senso di claustrofobia che non contempla rapporti sentimentali se non ricontrattabili attraverso “uscite di sicurezza”. Per sdrammatizzare, leggendo le due poesie, sembra un’allegoria dei compianti “Sandra e Raimondo” anche se, con un occhio più attento, si possono evincere numerosi dettagli che vanno a toccare problematiche serie del pensiero femminile e maschile all’interno di una relazione ed interessanti sono anche le divergenze di stile e ritmo dell’intercalare che paiono voler accentuare ancora di più il distacco e la brama d’evasione. Alle 18:30 pubblicherò le stesse poesie con la bellissima introduzione vergata da Maria Grazia Pellegrini aka @anima__inversi_, per darvi così modo di confrontare i due pareri su una collaborazione, a mio punto di vista, riuscitissima. (Filippo Fenara)
Ma sono io che la idealizzo o è lei che si distopizza? Man mano che conosco Maria Grazia Pellegrini attraverso le sue poesie gotiche, dark, scure, s’ingantisce il punto interrogativo che alimenta il mistero che ne avvolge la persona: sarà lei che si è assuefatta alle tenebre crogiolandovisi o come tanti è stata travolta dal sentimento nichilista di quest’epoca? La decadenza di tanti suoi versi è agognata o spontanea? L’aura fuligginosa che ammanta il suo personaggio aulico è un urgenza espressiva personale o un selfie in tonalità di grigio? Credo che la risposta stia nel non rispondere, Maria Grazia Pellegrini è il mistero per eccellenza che si autoalimenta e cresce in maniera geometrica ad ogni singola poesia che scrive. È un segreto che sanno tutti ma di cui nessuno proferisce parola. E così sia. Statemi…nell’ombra. (Filippo Fenara)
Condividere e collaborare in ambito artistico, crea un cordone ombelicale che fa avvertire sensazioni parallele quindi, dopo tante carte carbone stilate delle sue architettoniche poesie, non posso negare che la recentissima pubblicazione di questo debutto editoriale di Maria Grazia Pellegrini non abbia suscitato in me una combustione d’euforica felicità per il raggiungimento di questo suo primo, importante, checkpoint. Senza arrogarmi meriti che non mi spettano, ammetto anche di covare una teporosa soddisfazione di “essermi accorto” del suo talento in maniera talismanica, che m’imbottisce un filo l’ego, sperando di fungere da buona stella anche per tutti gli altri autori che stimo e seguo.
È risaputo, soprattutto dai mariti accompagnatori nelle infuocate sortite domenicali all’Ikea, quanto le Signore siano amanti dell’arredare spazi, donare armonia agli ambienti, giocare con luci ed ombre, creare invisibili sintonie tra statici oggetti. Ecco, Maria Grazia (quello che sto per scrivere l’ho evinto dalle sue poesie e non è frutto di confidenze) ad un certo punto della sua vita – immagino – si sia trovata svuotata dell’anima, senza luce e, per giunta, chiusa fuori da sè stessa. Lancinante. Però ha reagito attraverso la scrittura e, piano piano, i suoi componimenti sono diventati suppellettili, tende, soprammobili, lampadine ed oggettistica d’arredo che Luna (il suo pseudonimo) ha collocato con femminile dovizia e razionalità a colmare quel vuoto che l’avrebbe altrimenti divorata. Ma si sa, nemmeno il più feroce dei demoni può sconfiggere una Signora in stato di trance allestitiva interiore, anche se i primi momenti sono quelli nei quali la guardia era ancora abbassata e il dolore sgorgava copioso dai suoi versi.
Copyright Maria Grazia Pellegrini
Ormai quello non era più un open space abbandonato, cominciava a prendere le sembianze della casa nella quale Maria Grazia avrebbe potuto cominciare a vivere, rientrò a contatto con la natura, la sua e quella che ci dona la vita, i suoi versi s’ammorbidivano ogni volta di più e il farsi leggere era come uno specchio interiore per capirsi e capire gli altri, ritrovare fiducia senza necessità di appoggiarsi pericolosamente a persone di polistirolo e, in questo, è stata anche aiutata dalla sua tenacia, dalla sua lucida poesia, dalla sua corazza fatta di versi, lemmi ed immagini ogni giorno più nitide.
Copyright Maria Grazia Pellegrini
Il “nido” era pronto e, come a suggellare il termine di questa grande operazione liricistica, introspettiva e psicologica è arrivata la proposta per la pubblicazione della sua prima silloge “Il Risveglio Del Raggio Ramato”, un’insieme di poesie che dà forma ad un romanzo – basato su fatti reali – con un lieto fine che lascia spazio alla continuazione di un percorso lungo fatti che appartengono un po’ a tutti ma diventano speciali filtrati dall’anima luminosa di Luna.
Luce, proprio così l’autrice riassume la genesi della sua rinascita, luce che mostra, luce che rende i nostri passi certi, luce nella quale, un giorno staremo tutti. (Filippo Fenara)
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