Nelson Enrique Martinez aka N. Hardem, è un emsì che vive nel quartiere di Teusaquillo a Bogotà, in Colombia. Il rap in spagnolo trae le sue origini, come quello in italiano, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 e questo rapper sudamericano mi ha fatto rendicontare con un sobbalzo i mostruosi passi avanti che l’idioma castillano rapportato al beat ha compiuto in trenta primavere. Le basi di “Verdor” sono minimaliste e sporche q.b. (nell’accezione più “duri e puri” del termine), la cosa che sconvolge è il quieto flusso lirico potenziato da formidabili e ritmici giochi di parole in metrica dei quali non risente la narrazione poetica di strada. Il tutto avvalorato da una timbrica vocale calda, placida e avvolgente. N. Hardem è un indubbio fuoriclasse del genere che sbiadisce i presunti confini tra storytelling, poesia, musica e comunicazione, questo suo ultimo lavoro, per maturità artistica e veridicità espressiva, merita un acquisto (io l’ho già portato a termine su Bandcamp, voi cosa aspettate?) e qui sta il punto. Sempre più musicisti ed artisti del suono nel circuito sotterraneo, visti gli scarsissimi guadagni procurati loro dalle piattaforme di streaming, aspettano mesi prima di cedere i loro ultimi album a queste casse di risonanza mass oriented, in modo da poter vendere su Bandcamp (decisamente più onesto nei loro confronti) vinili, cassette o formati digitali ascoltabili dal proprio telefono senza limitazioni oppure scaricabili. Io sostengo volentieri, per quel poco che posso, tanti amici artisti dello scrivere o del musicare perchè sì, tutti quei magnati magnaccia che intascano soldi con la creatività altrui in cambio di “visibilità” sono come la corazzata Potemkin per l’indimenticabile Fantozzi: una cagata pazzesca. Non rinuncerò mai al mio credo nell’autoproduzione, disintermediando l’arte da strozzini, personaggi miseri e speculatori bavosi, anche se trovo logico e maturo asserire che, sebbene in misura ormai esigua, tra editori, produttori e gestori di siti, a volte s’incontrino persone oneste che guadagnano il giusto senza tradire il proprio amore per le arti e la loro divulgazione, permettendo agli stessi artisti di proseguire il proprio percorso conducendo una vita quantomeno dignitosa. Fine della Feel Ippica. Come avrete intuito, l’album “Verdor” non è ancora presente nè su Spotify nè su YouTube (anche perchè ci sono i fenomeni che scaricano gli audio illegalmente mentre l’occhio vigile della Tubatura probabilmente sta ammirando i glutei di qualche avvenente Signorina), quindi vi estraggo dal cilindro un brano di N. Hardem del 2019 intitolato “Seiza”, inserisco il VHS nel videoregistratore e premo il pulsante della riproduzione. Estad en luz.
Chiudo l’articolo scusandomi se dovessero esserci molti refusi, purtroppo mi è esploso il seno rifatto mentre scrivevo ed ettolitri di silicone appiccicoso si sono riversati sulla tastiera rendendola quasi impraticabile come il campo dello stadio di Ascoli negli anni ’80. (Filippo Fenara)