Matilde, ovvero Nonna Pitilla, è una delle più grandi dispensatrici d’amore puro che abbia la fortuna di conoscere, ma. Ma, come avrete notato, in questo periodo LeMieCose ha un taglio editoriale molto più “fero” che “piuma”, con la finalità di esortare tutti gli esseri umani a reagire ad uno dei periodi più tetri che la storia ricordi, a rivoltarsi con nerboruta determinazione a ciò che è oggettivamente ingiusto per ripristinare un ordine morale che soverchi quello economico in decomposizione del capitalismo. Il piccolo e delizioso racconto che state per leggere genera una tenerezza “senza centro nè principio” (cit. Franco Battiato) nel ricordo dei primi ingenui innamoramenti, ma termina con uno schiaffo. Sì, termina con uno schiaffo per un oltraggio subito e, per l’ennesima volta, Matilde diventa esempio di determinazione e lucidità morale nonchè gentilezza espositiva. Spero che, per voi lettori, più che il lato vintage faccia effetto quello rievocativo. Buona lettura.
Petite Fleur
Quando ero ragazzina (16 anni) non avevo tempo di badare ai ragazzi o farmi “il fidanzato” ero molto occupata a rifare il mondo, a fare la rivoluzione e a nascondere in tutti i modi la mia femminlità troppo prosperosa nelle parti “alte” mi davano fastidio i complimenti e trovavo assolutamente insignificanti i “maschietti”, senza capo nè coda e con solo una cosa in testa… poi un giorno sulla costa francese , ebbi una improvvisa esplosione ormonale , avevo visto un “fanciullo” che aveva tutto quello che doveva avere, bello, intelligente, gentile, insomma il massimo e persi la testa , era il mio primo amore lo seguivo come un segugio, rubai persino una gonna e una camicetta a mia sorella per far bella figura e lo aspettai sul lungomare, alle sette del pomeriggio passava sempre con gli amici eccolo, un dio, con quei capelli così biondi che sembravano oro, ma cosa faccio ora, lo guardo e poi, e poi lo guardo e dopo torno a casa incazzata perchè non so cosa fare Gina, la figlia di un amica di mia madre, mi invita alla sua festa di compleanno e mi fa l’elenco di chi ci sarà, c’è anche lui sììì, vado, sìì vado, e cosa mi metto, e cosa dirò e che casino che ho nella zucca!!! vestita come barbie e persino profumata mi tuffo nella marea di ragazzini che sembrano molto piu’ emancipati di me e… lui , lui, mi invita a balllare, un ballo da mattonella- mattonella che nemmeno ci si sposta e sul giradischi una musica travolgente Petite Fleur, suonata da un sax da paura (Sidney Bechet ) e io mi sciolgo tutta, sono diventata un burro da spalmare , sono pronta persino ad un timido bacio ma quel cretino mi mette le mani sotto la camicetta e io mi sveglio come per incanto, da burro spalmabile divento ghiaccio e la mia mano destra si stampa sulla sua guancia con una forza notevole non ero pronta a mani che mi frugassero, ero pronta soltanto alla dolcezza di un bacio casto, e poi magari chissà … nella mia mente si sono confusi i tratti del suo viso, ricordo soltanto alcuni colori, ma la sensazione, il brivido sul mio corpo, il desiderio di un bacio è ancora presente , è lì vivo come allora.
Tramonta il sole
sui fianchi del mare
scivola nei solchi delle onde
ad infuocare oscuri abissi
dove abita il buio del giorno
la notte abbandona i sogni
sulla soglia dell’alba
di Nonna Pitilla dal blog “Cucinando Poesie” , incluso il dipinto digitale in copertina.
Del profilo e dello spessore artistico di Nonna Pitilla è superfluo scrivere, basta seguire il suo blog per rendersi conto di quanto sconfinati siano il suo sapere e talento, approfitterò di questa “recensione” per sottolineare il lato umano di Matilde. D’altronde ho sempre rigettato i critici d’arte con le loro fredde e criptiche formule tecniche, capaci solo di creare confusione in chi vorrebbe abbeverarsi alla sorgente della creatività altrui, lampante è difatti la semplicità di questa “Tramonta Il Sole” a voler dimostrare la volontà dell’autrice di voler raggiungere anime e cuori senza ostentarsi in fuligginosi esercizi di stile e vanagloriose prove di forza. Lo considero un gesto di estrema umiltà e tenero approccio con i lettori, un donare versi struggenti a chi ha perso – magari momentaneamente – il senso di bellezza che funge da carburante dell’esistenza. Matilde è una persona tetragona ed allo stesso tempo altruista, rifiuta ogni tipo di violenza (anche psicologica o comportamentale) e si prodiga per mettere in luce giovani di talento, guadagnandosi l’affetto e il rispetto di tutti.
Chiudo ringraziando Matilde per aver cartacarbonato una mia cosa sul suo frequentatissimo blog, è stato motivo per me di onore e gratificazione. Anche se non sono giovane. Anche se non sono di talento. Se, comunque, volete leggerne la recensione la trovate qui. (Filippo Fenara)
Ancora Pitilla, sempre ispirata, ma in questo periodo, secondo me avvalorata dal fattore incanto, ci propone questa volta una prova di realtà aumentata dal potere infinito ed invisibile della poesia vagando oltre il tempo, in una suite quantistica che lascia un segno di piacevole sgomento sul viso ed un palpito particolare nel cuore dei lettori. La poesia permette a Pitilla di vagare “oltre il cielo aperto a raccogliere le restanti illusioni del mio (suo) corpo” con il fine di “prolungare oltre la distanza il colore del sole all’alba” e questo è possibile solo attraverso il saper navigare la propria anima con sapienza e coraggio, doti che non mancano sicuramente a Nonna Pitilla. Poco dopo questo incantevole (come l’ho definito io nei commenti) viaggio spirituale, l’autrice ha pubblicato un’altra stilla di miele per gli occhi intitolata “Lacrime a Scorrere Furtive“, fossi in voi una scorsa gliela darei, giusto per abbeverarvi ad una fonte di certa bellezza. (Filippo Fenara)
Posted at 11:00 by Filippo Fenara, on Settembre 15, 2020
LA LUNA È ALLA PORTA APPESA PER I PIEDI
molte finestre mi guardano
apro il cassetto dove conservo treni, aeroporti i tuoi occhiali da sole lo scialle di mia madre il vestitino giallo del mio pulcino
è il mio armadio di palissandro consumato da giorni di mani avide a reclamare lettere d’amore svanite come scrittura di sale
qui sono le mie collane i fiori secchi dei ricordi le perle opache mai indossate il profumo al gelsomino che resta per sempre a memoria di altre fragranze
Gli armadi delle donne sono un cosmo a parte, un po’ come le loro borsette: dei buchi neri dove trovare dal pettine all’acceleratore di particelle (normalmente non si trovano solo le cose necessarie) e Nonna Pitilla, con il suo stile inconfondibile, ci ha fornito un aulico inventario del suo armadio, con lo scialle di sua madre, le collane di perle opache (mai indossate, particolare comune a tante Signore) e il profumo al gelsomino. Molto bella la parte centrale del poema dove ritorna il tema di un amore svanito come “scrittura di sale”. Pitilla è per me oramai un’intoccabile della poesia, dovrei cartacarbonarla per ogni articolo o poesia che partorisce, custodisco gelosamente la possibilità di leggerla sul suo bel blog e farne scorta per affrontare ogni singola giornata.
Ho scelto questa bella poesia perchè, poco tempo fa, a seguito della trasposizione da fisica in spirituale di mia mamma, ho dovuto svuotare tutti i suoi cassetti e l’armadio: lo scritto di Pitilla mi ha portato alla mente quei momenti come se li avesse vissuti con me, con una precisione ed una dolcezza che mi hanno illanguidito; i poeti sono persone sensibili e vivono in empatia con tutto l’universo, qualità non da poco. Allora grazie mille Pitilla. (Filippo Fenara)
Quale miglior buongiorno se non questi versi ispiratissimi di Nonna Pitilla? Quando ho “incocciato” questa splendida e concisa successione di parole è stato come essere scaldato da un raggio di sole che squarcia le nuvole cariche di pioggia caustica del quotidiano, intimandomi teneramente a credere fermamente nei miraggi e sogni che coltivo nel mio orto emozionale. Mi auguro che questa carta carbone sortisca lo stesso effetto anche in voi che state leggendo questo articolo, diffondere levità è un modus operandi che ci rende più umani, che ci aiuta a sopportare gli urti di un’impossibile “quieto vivere”, che ci stimola a guardare oltre le malinconie che si spargono a macchia d’olio nel corso del tempo. Nonna Pitilla è foriera di gentile poesia, di colori accesi, di mondi paralleli auspicabili, d’inarrestabili processi d’ascesi che aiutano a guardare le cose attraverso il filtro di un’anima di cristallo. Delle ultime sue composizioni consiglio di dare una scorsa anche a “Il Tempo Rubato Scivola Sui Fianchi” e “Il Buon Luogo Non è In Nessun Luogo” ed abbeverarvi alla taumaturgica fonte creativa di Nonna Pitilla.
polvere di falsi trionfi, teschi avvolti nell’oblio inascoltati spettri di abissi cosmici a modellare piaghe infette da sangue lasciato sui selciati piangenti
giovani occhi serrati in violenze non volute in dolori non risolti scarpe macchiate dal silenzio dello spirito appese all’ombra delle parole
un lungo viaggio freddo senza preghiere per i morti, a misurare inutili confini
labbra bagnate di rugiada non berranno il sogno dalle mani di un cielo muto e lontano
Proprio due giorni fa, il 2 Agosto, ho preso un treno verso Bologna e mi sono ritrovato in stazione poco dopo la commemorazione ufficiale delle vittime della strage del 1980: non so se riuscirò ad infondervi il senso di smarrimento che ho provato camminando tra i binari, una sindrome di Stendhal dall’accezione tragica, un capogiro con l’alternarsi di visioni terrificanti avvolte dal sangue e dalle macerie. Tanti hanno scritto pezzi validi per commemorare questa ferita ancora aperta (la si chiami vendetta piuttosto che giustizia, non m’importa, non dimenticheremo mai), ma la penna virtuale di Pitilla è riuscita, con le sue parole liquide e roventi come piombo fuso, a modellare il calco di quella spiazzante sensazione di cui ho scritto sopra. Una miscela di emozioni, rabbia, cordoglio, paura e coraggio che si altalenano in un origami di 80 vite spezzate, un incessante nube di polvere che cela la verità, diapositive in bianco e nero che si succedono per 40 lunghi anni d’ostinata memoria, Pitilla ha trasmesso tutto questo e, nei tre versi finali della poesia, strangola le aspettative così come ha fatto la parziale catapecchia della giustizia fino ad ora. Ma è con la poesia e con la bellezza che squarceremo il silenzio dei colpevoli e Pitilla, di poesia e di bellezza, ne è maestra mescitrice. (Filippo Fenara)
vita gioiosa, triste, frughi dentro la mia carne tenera, appassionata ti cibi delle mie emozioni malinconica, allegra bevi i miei pensieri accarezzi i miei amori baci le sue labbra tocchi i suoi fianchi vogliosa e mai appagata
danzi sul mio ventre giochi coi miei seni allunghi le dita per frugarmi senza pudori,
mi hai presa mi possiedi sei in me completamente
non andartene ora lasciami godere fino in fondo della tenerezza dopo l’amore.
di Nonna Pitilla
Da Nonna Pitilla e dal suo blog “Cucinando Poesie” ci si può aspettare di tutto, un tutto tenuto assieme dal denominatore comune del suo vasto background culturale che spazia in lungo e in largo negli oceani dell’arte espressiva, dall’architettura alla musica classica, dalla pittura alle splendide poesie che scrive. In questo caso, inaspettatamente, ci propone una cascata di immagini osè per metaforizzare il suo rapporto con la vita, quando, spesso, il pensiero comune viaggia nel senso contrario. Il risutato di “Vita” è il sentirsela addosso e non solo amarla, ma spingersi a livelli quasi carnali come apice del legame con l’energia che ci anima. Un altro capolavoro di Nonna Pitilla, questa volta vietato ai minori.
Di Nonna Pitilla e del suo blog “Cucinando Poesie” avevo già scritto in occasione della carta carbone relativa alla sua gemma “Non Tagliare Corto Il Picciolo“, quindi ne abbiamo già potuto saggiare la poesia fatta di tinte decise e di emozioni sfumate, di parole desuete e di immagini rievocate, oltre ad aver potuto constatare, seguendo i suoi scritti, la sua passione spropositata per quanto riguarda l’arte in tutte le sue forme espressive, da quella quasi dimenticata nel tempo di castelli nei deserti, passando per il lavoro di gioiellieri d’inizio secolo scorso, per arrivare al suo inconfutabile talento come pittrice che firma le immagini di copertina di ogni sua lirica. “Alberi Dai Lunghi Occhi” è un dono che Pitilla fa all’intimità e alla semplicità del rapporto tra madre e figlia/o e lo fa con delicatezza ed utilizzo di termini, come sempre, azzeccatissimi. Buona lettura.
Alberi Dai Lunghi Occhi
alberi dai lunghi occhi in cieli invernali
a parlare di pioggia e storie fuggenti io e mia figlia ci facciamo incontro attraverso porte che ridono, sbattono
a volte restano aperte a lasciare passare fili stracciati di visioni dorate oltre le tende siamo canzone a cui danno forma le nostre mani!
Un nuovo volto per “Carta Carbone” e, se avete già letto il titolo, si tratta di una Signora, Nonna Pitilla (così è come la chiama la sua nipotina, in realtà il suo nome è Matilde), appassionata di poesia, arte in generale e…cucina in tutte le sue espressioni. Lette un paio delle sue creazioni, sono rimasto basito dalla profondità del climax, dalla tecnica sopraffina che richiama la beat generation e da quel profumo di surreale che regala una sorta di fiato sospeso per ogni sua elegia. Credo di aver a che fare con qualcuno di molto più grande e potente dell’immagine della “nonna” con la quale, forse troppo umilmente, Matilde si presenta attraverso il suo blog “Cucinando Poesie“. Paradossalmente, qui c’è del sugo.
Non Tagliare Corto Il Picciolo
voglie scremate di cinabro alchemico in bituminosi vapori rosso vivo avvolte arrancano da falsi pudori trattenute verso la cima di asfittiche vie di fuga
/tienimi in mente
tienimi a mente/
tienimi comunque dentro le botti di graspi mal spremuti da piedi troppo magri e lenti e affamati
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