Per cavalleria, dovrei prima prendermi cura delle Signore, ma credo che l’amica Maria Grazia Pellegrini mi perdonerà se comincio presentando, per quel poco che ho avuto tempo di conoscerlo (ma approfondirò senza dubbio), il pittore e poeta Norman Sgrò, di cui ho colto immediatamente la bontà del tratto e la maestria nell’utilizzo delle tonalità nei suoi dipinti (ovvio che vi inviti a seguirlo sul profilo Instagram) che hanno ispirato la lusinghiera e diabolica stesura di questa elegia dai toni cupi e solo apparentemente funebri. Un seducente passaggio lirico negli inferi aulici “Caduta”, un adescare anime innocenti per portarle tra i gironi della cedevolezza, il porre un tarlo, un dubbio, innescare il tentennamento tracotante nella scelta eterna tra purezza luminosa e tangibilità materiale, una roulette russa espressa con grande capacità lessicale da Maria Grazia Pellegrini che, in rappresentanza della lusinga, smonta la personalità del lettore senza scomporsi di fronte al conflitto che risiede in ogni essere umano senziente. Trovo questi versi come una cartina tornasole per interrogarsi una volta per tutte e, a differenza dei politicanti, fare una scelta definiva sulla parte con la quale schierarsi, evitando di sciupare la propria esistenza terrena nell’ignavia a cui la pandemica alessitimia costringe. Questa è molto di più di una poesia, questa è vita vera, scelta irrevocabile, verità. (Filippo Fenara)