Ho perso la testa per un album di rap. E che rap. Roba sporca, di bassa fedeltà, campioni blues che si mischiano con beats interferiti da fruscii, flussi lirici faticosamente a tempo slacciano rime senza fronzoli, raccontano storie che non trovi sui quotidiani, la difficoltà dell’esistenza vissuta dal punto di vista civico e pedonale, echi di voci di vecchie canzoni escono da roventi MPC per riversarsi negli stampi di un album imperdibile per gli amanti del genere. Ovviamente sto parlando di “Royaume Du Sauvage” di Observe Since 98, emsì dalla fine dei ’90 fino al 2002, anno nel quale si ritirò dalla scena, per poi farvi ritorno nel 2016 con un’etichetta di rap underground nuova di zecca, la “Loretta Records” e nelle vesti di produttore musicale. E che produttore. In questo suo disco ospita numerosi e talentuosi rappers che, dopo un primo ascolto ostico, conquisteranno le sinapsi degli hip hop addicted. Sgancio sull’obbiettivo la prima bomba, “No Shame” che tra tappeto e cavaliere lirico (Unorthodocks) non saprei cosa sia meglio.
Ciccia fresca frollata nel freezer, roba da intenditori. Ora passo al secondo ascolto di questo articolo, la dirtyssima “Dos Equis For Eyes” con la featura al micro di Nino Graye, John Creasy e Che Uno con tricks poetici in castillano e campioni di flauto e pianoforte che ne fanno una favola senza lieto fine ma con un robusto durante.
Non saprei come spiegarvi, ma le tonalità di grigio di questo album sono un azzeccato pendant con la gente comune e su di me hanno un effetto opposto: un po’ come quegli album da colorare per bambini, le zone di vuoto che questi suoni circoscrivono diventano spazi mentale da colorare liberamente con i propri sentori. (Filippo Fenara)