Scendo giù nel blu del mio garage, vintage a la page, emo stage di bondage, lego il mio ego e vado al bar, un caffè corretto Cynar, fanno le star al Despar, smentiti dal VAR, avatar per lo Zar, folle di folli in gana de follar, prede feroci adescano Master Card, esche per pesche dai toni hard, ipotizzo Supercar, salgo su quello che valgo e volgo via di qua, in una città al di là della fattualità, iscritto ad un social monoprofilo che promuove l’inconciliabilità.
Mangiagli una mano…dobermann.
Arresi all’essere incompresi, rifiutati, offesi, protesi sul disguido, difettano di pregi, obbediscono al cattivo, perestrojka inversa come Gorbaciov, tutti chini in fellatio sulla canna del Kalashnikov, calabroni come Korsakov, spalano neve a Spalato e la pippano il Sabato prima d’incontrare lo psicologo, il prologo d’un colloquio prodigo di retorica da pokemon, inviano genitalità da macellaio attraverso l’iPhone.
Se telefonando io, procedessi al tuo riavvio.
Sindrome misantropica, sono graminaceo per l’ammassata massa celiaca, demoniaca maniacalità del “sé” che non c’è e mai si manifesta, perdono la testa, la ghigliottina non s’arresta, meglio un’onesta burberia indigesta che un’anima presta a prestarsi nei giorni di festa, molesta molestia, falsa modestia ai piedi della bestia.
La verità ti fa male. Lo so.